Sull’edizione del Gay Village 2017 continuiamo la nostra chiacchierata con Carla Fabi, responsabile della Comunicazione e del Servizio Stampa.
Quanta gente lavora attorno al Gay Village e qual è l’indotto in termini lavorativi di un’impresa così grande?
Al Gay Village lavorano 400 persone, tutte regolarmente contrattualizzate. Imma Battaglia, Mauro Basso, Annachiara Marignoli e Paola Dee, i folli ideatori della kermesse, hanno anime diverse con storie diverse e investono ogni anno fior di milioni spesso in modo molto rischioso, perché un solo giorno di pioggia può causare reali perdite difficilmente recuperabili. E anche questo è un altro punto che mi fa impazzire, gli stessi esseri cortesi e gentili che non lesinano dolci parole, parlano di arricchimento, di imprenditori che si stanno gonfiando le tasche di soldi… Sarebbe bello poter mostrare loro i conti di una manifestazione cosi importante e capire per esempio, come siamo arrivati a fine stagione l’anno scorso, e quanto sia difficile restare in piedi in momenti come questi, quando la città sprofonda e la gente non ha un impiego…
Il Gay Village è diventato, negli anni, un luogo amato da tantissimi eterosessuali oltre che dalla comunità Lgbti. Qual è il segreto di questo successo “trasversale”?
Penso di avere risposto prima: al Gay Village ci si sta bene, i gay inventano le mode e gli altri le seguono. È successo anche questo con il Gay Village e io ne vado fiera. Tutte le manifestazioni arcobaleno che si svolgono in Italia sono un po’ figlie di questa che rimane la capostipite.
Quali sono le azioni che mettete in campo per garantire la sicurezza degli avventori? Siete più preoccupati dal fatto che i vostri “clienti” non abbiano intenzioni omotransfobiche o dalla fobia, sempre più diffusa, per i luoghi d’assembramento di massa?
Garantire la sicurezza al pubblico dentro e fuori è per noi un punto fondamentale. Sono oltre 80 le unità impiegate nella sicurezza interna, siamo provvisti di telecamere interne e esterne e all’ingresso i clienti sono controllati da un metal detector. Coloro i quali all’interno vengono sorpresi o sentiti dire frasi omofobe o misogine, vengono immediatamente buttate fuori. È evidente che una cosa del genere non si può prevedere. Non avete idea dei ragazzi (etero e gay) in camicia stirata di tutto punto, che all’interno scatenano il mostro che è in loro. Noi cerchiamo di mantenere l’ambiente gradevole e quest’anno pare che tutto sia molto più sereno. Lo dicono i feedback, lo si respira la sera nel villaggio e, soprattutto, la già bassissima media delle risse giornaliere (massimo 1 al giorno fino all’anno scorso) quest’anno si è notevolmente abbassata. Vi invito però a informarvi sulle medie altrui, anche dei nostri vicini competitors.
Inoltre, per garantire ancora di più la sicurezza all’interno della manifestazione, abbiamo creato un gruppo interno di accoglienza, composto da ragazzi e ragazze gay che stanno diventando gli angeli del Gay Village. Si tratta del Gruppo Caring, che funge da supporto-vedetta per la security. I ragazzi accolgono la gente, la informano sugli spettacoli, indirizzano il flusso delle file verso i giusti ingressi e soprattutto, sono gli occhi del Gay Village dall’interno. Loro guardano e riportano alla direzione quello che non va bene. Un piccolo grande lavoro a cui il Gay Village tiene moltissimo, per operare sempre al meglio e migliorare laddove sia possibile.