Dopo tanti successi teatrali e dopo aver portato a termine il lavoro strumentale Violins and Wires, Erma Pia Castriota, in arte H.E.R., violinista e artista transgender, torna alla canzone concorrendo al premio Musicultura.
Da sempre impegnata in forme d’espressione artistica innovative e funzionali a mettere in discussione ogni forma di stigma, H.E.R. è dunque tra le 53 persone concorrenti al Festival della canzone popolare e d’autore, giunto ormai alla 31° edizione. L’ultima ha registrato nove milioni di contatti crossmediali tra le platee di Rai 3, Radio 1 Rai, Rai 1, RaiPlay, Rai Playradio, Facebook, Youtube.
Le artisti e gli artisti selezionati per Musicultura si esibiranno in una serie di eventi live e mediatici, che si concluderà nel mese di giugno sul palco dell’Arena Sferisterio di Macerata, dove approderanno le otto persone vincitrici del concorso.
Abbiamo dunque raggiunto telefonicamente H.E.R. per saperne di più sulla sua partecipazione.
Sarai una delle artiste in gara a Musicultura. Sei felice di questa notizia? Come ti prepari all’evento
Sono molto felice perché questo mi aiuta a credere ancora alla mia scrittura come cantautrice e mi preparo con i miei musicisti per l’audizione che avverrà quanto prima. Sono contenta perché ho sempre continuato a scrivere canzoni anche se da anni lavoro molto nel teatro e con altri musicisti. Far ascoltare le mie canzoni in un contesto come quello di Musicultura non può che rendermi molto felice.
Con quale brano affronterai la kermesse internazionale?
Riguardo il brano mi hanno chiesto, per il momento, un po’ di segretezza. Poi, dopo l’audizione, potrà essere rivelato anche il testo. Il tema che affronto è quello del razzismo. È un brano con un suond molto moderno ed ha un testo che si esprime contro le barriere dell’odio e dell’esclusione.
Una grande artista trans come te può – con la sua presenza e la sua musica – veicolare anche un messaggio d’inclusione e modernità?
Quando partecipai per la prima volta al Premio Recanati portai una canzone, peraltro amata da Battiato, che si chiamava Il mio nome. Questo brano parlava della fluidità di genere. Erano altri tempi e adesso le cose sono cambiate in meglio, per certi versi, ma anche in peggio, per altri. La musica deve essere non solo intrattenimento, ma anche occasione di riflessione soprattutto in un periodo in cui le nuove leve propongono brani con espressioni machiste e anti-femministe. C’è ovviamente una grandissima confusione e un gioco alla provocazione fine a se stessa. Io, come sempre, provo a lanciare un messaggio d’inclusione e antirazzismo. La mia esperienza personale non può che essere parte integrante della mia poetica e del contenuto stesso dei miei testi. Il messaggio che vorrei comunicare a chi ha vissuto un’esperienza come la mia, è quello di esplorare anche altre dimensioni, perché – a meno che non fai l’attivista – il rischio è quello di girare sempre intorno allo stesso argomento. Continuare a fare il proprio lavoro senza pregiudizio alcuno, sarebbe la nostra grandissima conquista.
Musicultura è un evento internazionale relativo si grandi talenti emergenti. Ti reputi ancora tale e cosa ti aspetti da questa esperienza?
Questa considerazione mi è stata avanzata anche da altri amici. Io, in realtà, mi sento sempre un’emergente. Il mio ultimo lavoro discografico risale al 2008, in dodici anni le cose sono cambiate in peggio ed è sempre più difficile trovare i produttori e il supporto di un intero sistema. Penso che la musica d’autore stata messa in crisi dalla presenza di nuovi linguaggi ai quali ci dobbiamo relazionale in maniera dialettica o assorbendoli o contestandoli. Io sono cresciuta con un atteggiamento reverenziale verso i grandi cantautori. Oggi i grandi cantautori non ci sono più. O sono morti, o sono casi isolati: io stessa ho collaborato, ad esempio, con Lucio Dalla, con Pino Daniele, con Franco Battiato e con Teresa De Sio. È sempre più difficile trovare una tradizione di cantautorati ancora “viva”.
Le nuove leve? Credo che al momento non possiamo sapere quali saranno i veri cantautori del futuro. Sta di fatto che il vero linguaggio cantautorale è passato. C’è stato un cambiamento innegabile e in questo cambiamento anche le coordinate anagrafiche sono cambiate. Io, dopo Magma, ho avuto un’enorme opportunità perché la mia produzione era andata in mano alla Warner. Poi le cose non sono andate a buon fine in quanto, per la discografia italiana, io sono “vecchia” perché non ho vent’anni e i talent hanno ribaltato totalmente l’ottica del cantautore. Ci sono molti più cantanti e molto meno cantautori. È quindi più difficile essere appetibili per l’industria discografica