(- continua)
Rispetto all’altra fattispecie dell’articolo 527 che continua a essere considerata reato, essa si realizza solo se ricorrono tutti gli elementi della fattispecie prevista dalla disposizione. Gli elementi sono la commissione del fatto nelle vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e, contemporaneamente, il pericolo che essi vi assistano. In mancanza di entrambi tali elementi il reato non sussiste, ma si ricade nell’ipotesi dell’illecito amministrativo. Così, la Cassazione ha ritenuto che non costituisce più reato l’atto osceno commesso da una persona che aveva praticato autoerotismo a bordo della propria autovettura, parcheggiata in luogo pubblico e in presenza di una ragazza minorenne. Nella circostanza, pur essendo presente una minorenne, l’atto non si è svolto nei pressi di un luogo abitualmente frequentato da minori (Cass. pen., III sez., sentenza 1 marzo 2017, n. 10025. In senso conforme anche Cass. Pen., III sez. sentenza 21 giugno 2017, n. 30798). Anche in questo caso, alla persona in questione sarà stata comminata (dal prefetto) la sanzione amministrativa di 10mila euro, se pagata entro 60 giorni, ma probabilmente una in concreto ben più alta – vista la gravità del fatto realizzato in presenza di una minore – se il pagamento non è stato effettuato entro il predetto termine.
In un diverso caso, pochi mesi prima, la stessa Cassazione aveva confermato, invece, la condanna di un uomo che all’interno del negozio di un centro commerciale aveva infilato la mano nella tasca dei pantaloni toccandosi i genitali fino a raggiungere l’eiaculazione nonostante la presenza di passanti e impiegati. In questo caso il luogo e l’ora della violazione, secondo i giudici, consentivano di affermare il probabile rischio che ci fossero minori (Cass. pen., III sez., sentenza 3 ottobre 2016, n. 41130). Si tenga però conto che in una successiva sentenza la Corte ha rimarcato la differenza che esiste tra luogo frequentato da minori ‘abitualmente’ (vicinanze di una scuola, area del parco attrezzata con giostrine etc.) e ‘prevalentemente’, escludendo in questa seconda ipotesi la sussistenza del reato (Cass. Pen., III sez. sentenza 21 giugno 2017, n. 30798).
Il decreto legislativo n. 8 del 2016 ha depenalizzato anche il reato contravvenzionale previsto dall’articolo 726 del codice penale (atti contrari alla pubblica decenza) punito ora con la sanzione amministrativa pecuniaria che va da 5 a 10mila euro.
Gli atti contrari alla pubblica decenza non vanno confusi con gli atti osceni, anche se la differenza tra le due fattispecie può essere sottile. Gli atti conto la decenza offendono il decoro e le regole etico-sociali attinenti al normale riserbo relativamente a cose che possono determinare disagio, non quindi il pudore nella sfera sessuale. Un esempio di violazione dell’articolo 726 è la pipì fatta per strada (Cass. Pen., III sez., sentenza 17 gennaio 2017, n. 20852) o il toccarsi i genitali in modo lascivo, mentre è stato escluso che offenda il decoro l’abbigliamento succinto, che lascia intravedere glutei e biancheria intima, indossato da una persona che si prostituisce, ritenendo invece necessario a integrare la fattispecie che al vestiario si accompagnino comportamenti idonei ad offendere concretamente il decoro e la decenza (Cass. Penale, sez. III, sentenza 7 maggio 2015 n. 42680).
Purtroppo c’è ancora chi si ostina a far rientrare tra gli atti contrari alla pubblica decenza anche la pratica del naturismo/nudismo in spiaggia, per il quale in Italia, a differenza che in altri Paesi, manca ancora una legge di regolamentazione nazionale, mentre tra le regioni se ne sono dotate solo l’Emilia Romagna (L.R. 31/07/2006, n. 16), l’Abruzzo (L.R. 09/08/2013, n. 26) e il Piemonte (L.R. 21/09/2015, n. 21) come disciplina e valorizzazione del turismo naturista.
A tal proposito merita di essere segnalato un possibile rischio rappresentato dal decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città), che potrebbe portare a far crescere il numero di sanzioni amministrative comminate a chi pratica naturismo. Tale decreto-legge affronta il tema della sicurezza da una prospettiva incentrata sulla gestione dell’ordine pubblico nelle città, ma con strumenti ampi di prevenzione amministrativa, di repressione e, soprattutto, di prevenzione punitiva, affidata anche a sindaci e regolamenti di polizia municipale. Il decreto-legge intende per sicurezza urbana “il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città”. Vivibilità e decoro sono concetti generici e incerti, che possono fare riferimento a un numero indefinito di condizioni che garantiscono la convivenza sociale. L’ampiezza della definizione di sicurezza urbana, che richiama anche il decoro, certamente rinvia anche all’art. 726 del codice penale (espressamente richiamato all’art. 9, comma 2, del decreto-legge), introducendo però nel concetto di sicurezza un’accezione soggettiva che non esclude una guerra scatenata da sindaci particolarmente zelanti contro i naturisti, in particolare per le spiagge urbane o che possono farsi rientrare nel concetto di area urbana.
Sulla base del decreto-legge, il sindaco ha strumenti potenziati per condurre questa guerra, essendo stati ampliati il potere di ordinanza sindacale adottabile non solo nei casi di emergenze sanitarie o di igiene pubblica, ma anche “in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente […] o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana […]”. È facile leggere in questo programma un intento repressivo a tutto campo che dal versante penale si è trasferito a quello amministrativo. Inoltre, il decreto-legge dà al sindaco anche il potere di adottare misure di prevenzione personali attraverso la previsione dell’ordine di allontanamento e di divieto di accesso al luogo in cui è stata commessa la violazione per 48 ore, anche per chi viola il decoro. Il decreto-legge indica che l’allontanamento al fine di assicurarne il decoro può essere disposto da stazioni, porti, aeroporti e relative pertinenze, ma i regolamenti di polizia urbana possono individuare anche altri luoghi urbani “interessati da consistenti flussi turistici, ovvero adibite a verde pubblico, sulle quali il sindaco può disporre l’ordine di allontanamento di chi commette atti contrari alla decenza”. In caso di reiterazione delle violazioni il questore può estendere l’allontanamento fino a 6 mesi. Il rischio che simili provvedimenti possano riguardare spiagge lontane dalla città è probabilmente remoto, ma quelle più vicine e urbane sono certamente a rischio.
Infine, come detto, è stato depenalizzato anche l’art. 528 del codice penale, sulle pubblicazioni e spettacoli osceni, ma non interamente. Richiamandosi alle argomentazioni svolte a proposito dell’art. 527, ci si limita a riportare il testo dell’articolo: «Chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni di qualsiasi specie, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000.
Alla stessa sanzione soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli oggetti indicati nella disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente.Si applicano la reclusione da tre mesi a tre anni e la multa non inferiore a euro 103 a chi: 1) adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte di questo articolo; 2) dà pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenità. Nel caso preveduto dal numero 2, la pena è aumentata se il fatto è commesso nonostante il divieto dell’Autorità».