Marz Balaoro, pastore transgender di origini filippine, ha annunciato che tornerà a unire in matrimonio persone dello stesso sesso a Hong Kong, dove vive dal 1981.
Arrestato nel 2017 per aver celebrato nozze egualitarie nella Lgbts Christian Church, da lui fondata nel 2014, Balaoro aveva presentato, nel maggio scorso, un ricorso di revisione al Tribunale di primo grado dell’Alta Corte di Hong Kong.
Nella sentenza depositata all’inizio di questo mese la Corte ha respinto la domanda basata sul diritto alla libertà di culto ma ha dichiarato che Balaoro non aveva fatto nulla di illegale.
«Posso ancora celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso e continuerò a farlo – ha dichiarato il pastore transgender –. Il tribunale ha affermato che non ho fatto nulla di sbagliato o illegale. Ho dunque la certezza che non potrò più essere arrestato».
È chiaro che è una vittoria a metà per Balaoro perché i matrimoni da lui celebrati non avranno alcun valore legale. Per questo motivo il pastore è intenzionato a svolgere un’azione congiunta – tra la sua comunità e associazioni Lgbt+ – di pressing sul Consiglio legislativo di Hong Kong per ottenere una legge che legalizzi il matrimonio egualitario.
L’ex colonia britannica, in cui non sono riconosciute neppure le unioni civili, è stata spesso criticata dalle associazioni per i suoi arcaismi in termini di pari diritti. Ma si registrano al riguardo dei piccoli passi in avanti.
Nel 2018 la Corte finale d’Appello aveva concesso a una donna lesbica britannica di poter vivere e lavorare nella megalopoli con la propria coniuge, riconoscendo loro gli stessi diritti di cui beneficiano le coppie eterosessuali straniere.
Il 4 marzo scorso, invece, un tribunale di Hong Kong, accogliendo il ricorso di Nick Infinger, ha stabilito che l’orientamento sessuale non può essere assunto come criterio per l’assegnazione o meno di alloggi popolari e ha invalidato il rifiuto di un’agenzia governativa di concederne uno alla coppia.