Ogni anno, dal 2008 a oggi, vengono realizzati circa 700 film a tematica Lgbti in Europa e Sud America. Pellicole che, fortunatamente, non hanno soltanto finali tragici e devastanti, come accade nella maggior parte di quelli realizzati e distribuiti nel nostro Paese. Ma per riuscire a vederli è spesso necessario frequentare rassegne di film tematici, interessanti e underground, come quella ospitata dal centro sociale Acrobax di Roma.
Ed è proprio la rassegna di cinema gay dell’Acrobax ad aver programmato una deliziosa commedia leggera, Famille verpflichtet (in italiano potrebbe essere trdotto in Obblighi di famiglia) che ha partecipato, tra l’altro al Festival Lgbt di Rochester. Questo film, diretto da Hanno Olderdissen nel 2015, è una commedia sui conflitti culturali, familiari, generazionali, religiosi e culturali, in una prospettiva divertente e allo stesso tempo profonda.
David e Khaled, i due protagonisti della storia, sono una coppia di omosessuali arabo-ebraica di Hannover che deve imparare a imporsi sulle aspettative dei genitori: vorrebbero sposarsi e vivere una vita libera e autodeterminata ma sono stretti nella morsa tradizionalista delle loro famiglie. Se c’è una dimensione socialmente universale, che coinvolge tutti allo stesso modo, è la famiglia – in tutte le sue declinazioni – e i valori a essa associati, come il riconoscimento, il rispetto, la tolleranza e l’amore.
“Nessuno è perfetto” ci verrebbe da dire con il grande Billy Wilder osservando il comportamento delle famiglie dei due protagonisti: da un lato quella di Khaled con un padre profondamente omofobo, che non sa nulla dell’omosessualità del figlio ma non è affatto antisemita e ricorda, quasi con nostalgia, il tempo in cui musulmani ed ebrei vivevano in pace nella stessa terra. Dall’altro la famiglia di David con una madre molto presente e ossessiva che non è affatto omofoba ma è piena di pregiudizi nei confronti dei musulmani. Svolta narrativa della storia è una nottata di bagordi in cui David, sotto i fumi dell’alcol e delle droghe, ha un rapporto sessuale con una donna molto giovane e concepisce un bambino. Bambino che diventerà il figlio di Khaled e David.
Si tratta, insomma, di un gradevole racconto di tentativi, più o meno riusciti, di integrazione tra gay ed etero, musulmani ed ebrei, sciiti e sunniti. Se è vero che il film risente talora di una certa mancanza di messa a fuoco per le numerose scene che si intrecciano nella sceneggiatura, l’accennata mancanza di realismo è però abbondantemente compensata da uno script semplice ed efficace. Script che regala momenti di divertimento assoluto anche laddove si potrebbe sfiorare il dramma, grazie alla direzione equilibrata degli attori, tutti assolutamente credibili e in parte.
La battuta sovrana del film la dice la sorella di Khaled a proposito del modo in cui questi dovrà fare coming out con il padre: «La buona notizia: diventerò papà. La cattiva: io sono la mamma».