Il post Lei dice: I am angry, pubblicato sulla pagina di ArciLesbica nazionale e relativo all’articolo I am a woman. You are a Trans Woman. And that distinction matters, ha suscitato un’ondata d’indignazione sui social. L’invito di Marina Terragni – rappresentante della rete Rua (Resistenza utero in affitto) – alle donne e, in particolare, a quelle tanto lesbiche quanto trans a “non lasciarsi incastrare nel Lgbt” ha provocato ulteriori reazioni all’interno del movimento. A scendere in campo con un duro comunicato anche il Mit (Movimento identità trans), cui ArciLesbica ha risposto rinfocolando ulteriormente gli animi.
Gaynews ha deciso di sentire al riguardo Porpora Marcasciano, presidente onoraria del Mit e figura storica del transfemminismo italiano.
L’altro ieri ArciLesbica ha postato un articolo che ha sucitato un’ampia discussione sui social. Cosa pensi della relativa posizione che distingue le donne cisgender e le donne trans?
Il post di ArciLesbica non mi sorprende. I suoi contenuti non sono nuovi ma rappresentano posizioni antiche ben radicate in certo femminismo che ultimamente sta ritornando in auge. Eviterei di chiamare in causa il femminismo nella sua totalità e nella sua straordinaria importanza tantomeno il separatismo che è tutt’altra cosa. Parlerei piuttosto di quel suo filone “essenzialista” assolutamente minoritario. Ultimamente questa parte si è posizionata su parecchie questioni importanti quali la gpa, la prostituzione, il genere e ora il transessualismo. È una parte molto chiusa, sorda a tutti i cambiamenti che i tempi pongono, indifferente alla complessità del mondo. È una parte che ultimamente sta influenzando anche l’agenda politica europea e mondiale con effetti nefasti. Il problema è che quel femminismo nella sua visione non considera neanche il lesbismo. Per cui mi chiedo cosa muova le donne di ArciLesbica a posizionarsi così rigidamente. Se volevano essere serie, le distinzioni che paventano le avrebbero poste/proposte in un seminario, un convegno e non su Facebook dove la risposta mi sembra scontata.
Secondo te perché si è voluta questa distinzione che sembra distruggere ogni rifermento alle lotte e alle posizioni politiche di un tempo? È un pensiero che è rimasto nascosto oppure una necessità per una visibilità politica?
Se volevano stuzzicare il dibattito o la riflessione (come dicono loro) hanno sbagliato modalità. In questo modo hanno lanciato un fiammifero acceso sulla paglia secca. Conosco molto bene le donne che dirigono ArciLesbica nazionale da anni e conosco le loro provocazioni che in tempi passati hanno prodotto lacerazioni nel movimento e nella stessa ArciLesbica. Le questioni poste, rispetto al “pene”, all’essere donna ed essere trans sono questioni delicate intorno alle quali c’è un intenso e creativo dibattito, di cui loro se ne sono infischiate, buttando all’aria tutto. È da quando venne in Italia Leslie Feinberg nel 2005, attivista transfemminista americano/a, che si aprì il contenzioso, tutto interno al mondo trans e femminista sulle questioni poste. Le stesse questioni che da anni attraversano il movimento internazionale e i Gender Studies. Io stessa posi la questione in Nuovi Femminismi (Ed. Manifestolibri) che sarà ristampato in autunno.
E loro cosa fanno? Lanciano la bomba! Non mi sembra una modalità seria e accettabile. Lo hanno fatto su altri temi come la gpa proponendo/imponendo un documento molto categorico che per fortuna hanno sottoscritto in pochi, nei riguardi del quale bisognava essere pro o contro. Ma siamo impazzite? Una questione così importante con un sì o con un no? A un movimento che da anni ha smesso di riflettere, confrontarsi, approfondire le signore milanesi propongono il loro pensiero, accusando poi noi del Mit di pensiero unico? ArciLesbica è una grande associazione con cui ho collaborato per anni. Ricordo i miei articoli per Towanda il loro bellissimo giornale lesbico. Ma da Towanda a oggi l’acqua ha rovinato i ponti.
Abbiamo letto tutti la risposta del Mit: cosa si può dire di più?
Che se non stiamo attente l’ordine del discorso ossia il registro narrativo (come è stato da anni) viene sempre ripreso da altri, in questo caso da altre. È fondamentale e di estrema importanza che sulle nostre questioni la parola torni alle persone trans. Lo sottolineo alle signore milanesi che rivendicano il loro percorso femminista. Lo ribadisco, anche provocatoriamente, a tutte quelle femministe (minoritarie) che ci accusano di scimmiottare la femminilità. Se la tenessero la loro femminilità, che noi ci teniamo la nostra favolosità. Mario Mieli docet.
Marina Terragni dice che il problema nel 2017 è ancora solo il patriarcato. Che cosa ne pensi?
Sì, ne sono convinta. E lei, come quelle che attaccano trans, gpa, prostituzione sono le degne rappresentanti di quel patriarcato. Usano la stessa logica, gli stessi metodi, le stesse parole. Dopo anni di negazione sinceramente delle “Essenzialiste” (da non confondere con le separatiste… favolose) ne possiamo e ne vogliamo fare a meno.
Cosa pensi degli uomini gay o etero che hanno risposto sui social affermando di non essere per nulla d’accordo con le posizioni di Arcilesbica?
Penso che bisognerebbe ritornare a usare e promuovere le intelligenze e circoscrivere i social. Questo tipo di confronto (che non è un dibattito) è molto poco produttivo. Come movimento, se di questo si può ancora parlare. Abbiamo smesso di confrontarci, dibattere, affrontare le contraddizioni e i risultati sono questi. Guardare le nostre contraddizioni, approfondirle per crescere. Storicizzare i nostri preziosi percorsi, è questo di cui abbiamo tanto bisogno.