Il 25 aprile del 1990 veniva inaugurato a Bologna, nei giardini di Villa Cassarini presso Porta Saragozza (al tempo sede nazionale d’Arcigay), il Monumento alle vittime omosessuali del nazifascismo: davanti a esso, già ieri, l’Anpi ha fatto deporre una corona di alloro, data l’impossibilità di poter celebrare insieme la festa della Liberazione a causa della pandemia da Covid-19.
Alla manifestazione erano presenti, oltre a una folta delegazione di gruppi Lgbti italiani e al sottoscritto nelle vesti di presidente nazionale d’Arcigay, la segretaria nazionale d’Arcigay Graziella Bertozzo, la presidente del Mit Marcella Di Folco, il sindaco di Bologna Renzo Imbeni, il console generale di Germania Manfred Steinkühler, il vicepresidente della comunità ebraica bolognese Lucio Pardo, le organizzazioni antifasciste Anpi, Aned, Appia, l’eurodeputato Enrico Falqui, rappresentanti dell’Intemational Lesbian and Gay Association (Ilga), l’attivista Vanni Piccolo, il segretario nazionale della Fgci Gianni Cuperlo, l’architetto Corrado Levi, autore del monumento, e l’ingegnere Giorgio Nelli, presidente della Cooperativa Edilfornaciai, che offrì e realizzò il monumento stesso.
Negli anni ’80 molti di noi si chiedevano come mai sulla storiografia degli orrori nazisti in pochissimi avessero affrontato la persecuzione delle persone omosessuali. Fu così che mi misi alla ricerca delle fonti, trovando nelle organizzazioni antifasciste un’mportante collaborazione. Risalii in questo modo all’archivio di Stato, dove erano conservate le “schede” dei confinati omosessuali dal fascismo. Su mia proposta Arcigay affidò a Giovanni Dall’Orto la ricerca e l’esame degli archivi: ne scaturì un importantissimo studio che, in seguito, è stato utilizzato da molti ricercatori e che ha fatto luce su di una pagina di storia negletta e per tanto tempo trascurata. Prima di questa scoperta c’erano solo due film che ne avevano parlato: Gli occhiali d’oro, tratto dal libro omonimo di Giorgio Bassani, e Una giornata particolare di Ettore Scola con Sofia Loren e Marcello Mastroianni. Al saggio di Dall’Orto sono seguiti altri importanti contributi come quello di Cristoforo Magistro con la mostra sui confinati omosessuali in Basilicata. Mostra che ci ha fatto capire che il fenomeno dei confinati era ben più ampio del gruppo studiato alle isole Tremiti e a Ventotene, di cui parlava anche l’ex presidente Sandro Pertini.
Lo sterminio nazista fu brutale, sistematico e terribile perché i triangoli rosa nei lager erano i prigionieri trattati peggio, posto che sia possibile immaginare un peggio nel lager di Hitler. Non solo: le persone omosessuali furono le uniche a non essere liberate a partire dal quel 27 gennaio, in cui in tutto il mondo si celebra il Giorno della Memoria in ricordo della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. È bene ricordare che la legge italiana, che ha istituito una tala giornata fu votata quasi all’unanimità dal Parlamento, perché la destra chiese e ottenne che nel testo non si parlasse dei triangoli rosa, dei rom, dei detenuti politici (guarda caso tutti di sinistra) e di altri soggetti che, insieme con gli ebrei, hanno popolato l’orrore dello sterminio sistematico dei nazisti contro le minoranze.
In alcune situazioni le persone col triangolo rosa passarono direttamente dai lager alle patrie galere, perché l’omosessualità era reato in molti Paesi. Con l’avvento al potere delle sinistre negli anni ’60 l’omosessualità in Europa fu decriminalizzata, ma gli studi su lager nazisti e confino fascista tardarono per molti anni a venire.
Il monumento di Bologna rimane a tutt’oggi l’unico monumento a terra in Italia. Sono state fatte molte iniziative che hanno inaugurato diverse targhe in ricordo dello sterminio. Ricordiamo quella a Triste nella Risiera di San Sabba, unico campo di sterminio italiano. Come pure, molti anni prima nel 1984, fu inaugurata la prima stele di granito rosa a forma di triangolo nel lager austriaco di Mauthausen alla presenza del compianto Beppe Tasca, presidente d’Arcigay Venezia.
Per ricordare e celebrare il 25 aprile Gaynews ripropone di seguito un mio editoriale, che fu pubblicato su L’Unità 30 anni fa, proprio il giorno dell’inaugurazione. Un affettuoso e grato ricordo va a un grande uomo che consentì la realizzazione del monumento: l’allora sindaco di Bologna Renzo Imbeni. Buon 25 aprile a tutti, non dimenticando mai che la libertà è stata conquistata a durissimo prezzo e che va quotidianamente difesa soprattutto in questi tempi di pandemia, dove più di qualche dittatorello ne sta approfittando per cancellare i diritti civili base della democrazia.
Quei triangoli rosa «sepolti dal silenzio»
Non c’è dubbio che l’elemento centrale dell’ideologia nazista è stato ed è il razzismo. È il razzismo che portò alla spaventosa esperienza dei lager dove trovarono la morte milioni di ebrei assieme a migliaia e migliaia di persone appartenenti alle altre «categorie» che il nazismo intendeva sterminare, ognuna delle quali veniva «marchiata» sui vestiti con un triangolo di diverso colore: rosso per gli oppositori politici, marrone per gli zingari, giallo per gli ebrei, verde per i detenuti comuni e cosi via fino al triangolo rosa per i detenuti omosessuali condannati in base all’articolo 175 del Codice penale tedesco e alle leggi successive appositamente emanate. Il problema omosessuale era un’autentica ossessione per i gerarchi nazisti, tant’è che la persecuzione antigay inizia immediatamente dopo la presa del potere da parte di Hitler il 30 gennaio del 1933.
Ventitré giorni dopo infatti vengono emanate le prime leggi che sciolgono le organizzazioni gay e ne vietano la propaganda e già nell’autunno dello stesso anno alcuni gay arrivano nel campo di concentramento di Fuhlsbuttel, mentre nell’ottobre del ’34 si costituisce addirittura uno speciale nucleo della polizia criminale incaricata di combattere l’omosessualità (la «Reichszentrale zur bekampfung del Homosexualitat»). Il fondatore e comandante delle famigerate SS Himmler – anch’esso ossessionato dallo straordinario potere che veniva attribuito all’omosessualità di minare la stabilità dello Stato nazista e la purezza della razza ariana – fece approvare una legge nel 1937 che estendeva la definizione di omosessualità; qualsiasi carezza, anche tra persone completamente vestite, qualunque gesto affettivo o allusione amorosa tra persone dello stesso sesso poteva essere interpretato come atto omosessuale: per la prima volta nella storia dell’umanità veniva messo fuorilegge anche il desiderio.
Quanti siano stati gli omosessuali che hanno perso la vita nei lager nazisti non si sa con esattezza; probabilmente alcune decine di migliaia. Ma i libri di storia ufficiali non parlano mai dello sterminio degli omosessuali; nessun studente di liceo ha saputo in questi anni che a Buchenwald, a Mauthausen, a Natzweiler, a Sachsenhausen, ad Auschwitz sono state trascinate anche delle persone con un triangolo rosa. Non è scritto neppure, sui libri di storia, che anche il fascismo italiano perseguitò gli omosessuali deportandoli al confino insieme agli antifascisti. È stato infatti nel 1986 che l’Arcigay, con l’aiuto dell’Associazione perseguitati politici antifascisti, ha portato alla luce l’archivio con le schede segnaletiche delle decine di ragazzi gay che incapparono nelle maglie della polizia fascista.
L’inaugurazione del monumento alle vittime omosessuali del razzismo nazifascista in occasione del 45° anniversario della lotta di liberazione ha quindi il significato di riportare alla luce un pezzo di storia negata ridando dignità e valore ai triangoli rosa «uccisi dalla barbarie e sepolti dal silenzio». Ma vuole essere soprattutto un contributo di impegno, di lotta e di memoria affinché nessuno dimentichi che l’olocausto – il più grande ed atroce massacro della storia dell’umanità – ha avuto alla sua radice quel razzismo e quel nazionalismo che sta oggi così pericolosamente risorgendo.
Nessuna celebrazione retorica quindi, ma un impegno preciso per conquistare all’antifascismo e all’antirazzismo le nuove generazioni, per far sì che non si ripetano le tragedie della storia e che si affermi il valore della vita umana indipendentemente dalle convinzioni politiche, religiose, del colore della pelle e delle preferenze sessuali.