In ottobre la casa editrice laziale Iacobelli ha pubblicato un saggio molto interessante di Federica Fabbiani dal titolo Sguardi che contano. Il cinema al tempo della visibilità lesbica. L’opera, che focalizza il proprio interesse sulla rappresentazione della “personaggia” lesbica nella narrazione cinematografica, consente d’investigare il processo di emancipazione dell’universo culturale, emotivo e sentimentale delle donne lesbiche all’interno di un immaginario collettivo che, determinato dal predominio del sistema eteropatriarcale, troppo spesso si alimenta di stereotipi e pregiudizi.
Ecco perché oggi, Giorno della Visibilità Lesbica, abbiamo deciso di raggiungere telefonicamente Federica Fabbiani.
Federica, il tuo ultimo libro affronta il tema della rappresentazione della “personaggio” lesbica nell’immaginario cinematografico. Secondo te a che punto è il processo di emancipazione della comunità lesbica in Italia?
Credo che si debba necessariamente fare una prima distinzione tra il piano dei diritti e quello delle pratiche. Nel primo caso, lo sappiamo, siamo ferme alla legge Cirinnà con qualche tentazione di troppo, da parte della politica, di arretrare su alcuni principi di autodeterminazione di tutto il genere femminile. Sul piano delle pratiche, di organizzazione dal basso di movimenti e collettivi lesbici, il panorama è estremamente positivo. Penso ad esempio a Lesbicx, l’appuntamento che si è replicato a Torino a fine 2019, dove si aperto un dialogo forte e speriamo duraturo con le tante e diverse realtà lesbiche, transfemministe e queer. E penso anche al Campo Lesbico di Agape, online proprio in questi giorni, e che tanto si declina sui modi e le maniere di fare rete e costruire una comunità oggi. Per rispondere, quindi, della tua domanda mi tengo la parola processo perché molto dice del movimento cui tutte, e forse non solo come lesbiche, siamo chiamate a dare un contributo.
Qual è il ruolo che può svolgere l’arte e, chiaramente, il cinema nel restituire prototipi esistenziali funzionali a contrastare stigma sociale e discriminazione di genere nei confronti delle lesbiche?
Io credo che banalmente sia quello di aprire lo spazio dell’immaginario. Il che non significa necessariamente o unicamente presentare un’immagine positiva della lesbica e di tutte le possibili varianti dell’alterità, che poi sono tutt* coloro che non si conformano all’ideale del maschio bianco cisgender eterosessuale normodotato buonpadredifamiglia e via discorrendo. Presentare quindi soggettività in continuo movimento, che si modificano, perché è così spesso nella realtà quotidiana di molte, scrollandosi di dosso le incrostazioni delle identità fisse e monolitiche. In questo grande è il lavoro dei Motus, la compagnia teatrale che con Mdlsx porta in scena la performance di Silvia Calderoni attraverso cui è espressa la libertà di transitare da un genere all’altro, abbattendo ogni tipo di pregiudizio e barriera.
Quali sono oggi gli stereotipi più odiosi e ricorrenti che gravano sull’immaginario collettivo relativamente alla comunità lesbica?
Probabilmente permane la convinzione dell’odio verso il maschio con tutto quel che comporta nei termini di una presunta incapacità di vivere in modo completo e consapevole la propria sessualità. D’altra parte se il femminile ancora è considerato alla stregua di una mancanza che ha valore solo se opposto al maschile, quale considerazione ci si può aspettare da chi deraglia dal binarismo eterosessista? Ancora è viva e vegeta l’idea che la lesbica odi i maschi, che la lesbica butch sia un maschio mancato e così ecco che senza che te ne accorgi la narrazione, quella dominante, ancora torna e sta ossessivamente sul maschile. Il maschio al centro e le altre, tutte le altre soggettività differenti ai margini, dove, come ben ci ha insegnato Gloria Anzaldúa, sappiamo ormai che si può vivere benissimo.
Se dovessi consigliare alle nostre lettrici e lettori un paio di opere letterarie e/o cinematografiche importanti per la cultura lesbica contemporanea, quali sceglieresti?
Mi affido alle mie ultime letture perché il panorama editoriale è molto ricco ultimamente e non è facile scegliere. Sicuramente Appunti per un dizionario delle amanti di Monique Wittig e Sande Zeit, a cura del collettivo Onna Pas e pubblicato da Meltemi. È un testo che ha la capacità di ribaltare e risemantizzare significati, storie e miti; una sorta di visione utopica e lesbica del mondo. Poi la graphic novel di Rén, Non sono questi i problemi (BeccoGiallo Edizioni) sul coming out e sulla lesbofobia che condiziona ancora la vita di molte. Chiudo con un film, Ritratto della giovane in fiamme di Céline Sciamma che, grazie a Some Prefer Cake e Gender Bender, ho avuto l’onore di presentare a Bologna. Oltre la bella trama, la splendida recitazione, mi ha incantato proprio lo sguardo della regista, che davvero sembra dare veri occhi a quel female gaze di cui tanto si parla ma che ancora sfugge a una definizione precisa.