Iniziata l’11 settembre, la Pride Week di Belgrado si concluderà domenica 17 settembre con la marcia dell’orgoglio Lgbti. Oltre 50 gli eventi previsti nel corso della settimana: dalla conferenza internazionale sui crimini d’odio al festival cinematografico, dai dibattiti a cicli di letture fino ai party.
La situazione delle persone Lgbti in Serbia resta in ogni caso critica e gli scorsi Pride si sono sempre svolti in un clima di tensione. Sembrerebbe registrarsi una svolta col nuovo presidente Aleksandar Vucić che, eletto il 2 aprile scorso, ha nominato a capo del governo l’ex ministra lesbica Ana Brnabić. È stato però proprio Vucić a dichiarare, nel corso d’una conferenza stampa trasmessa in diretta dalla tv pubblica Rts il 12 settembre, che non parteciperà al Pride non apprezzandone il significato. «Non ho né voglia né interesse – ha così detto –. Non ho alcuna intenzione di prendere parte a tale manifestazione. Del resto domenica avrò molto da lavorare». Il presidente ha poi notificato la partecipazione alla parata della premier Brnabić, di altri ministri e del sindaco di Belgrado Siniša Mali.
E proprio il 12 settembre il noto sociologo serbo Jovo Bakić ha ricordato il legame tra il Partito Progressista Serbo (SNS) fondato da Vucić e i gruppi di estrema destra. Legame che risale ai tempi in cui l’attuale presidente militava nel Partito Radicale Serbo (SRS).
Bollando gli estremisti quali «utili idioti», Jovo Bakić ha fatto notare come essi «attacchino a comando e, quando si vieta loro di attaccare, restano calmi. Le prove per questo sono costituite da tutte le Pride Parade che si sono tenute finora: quando Aleksandar Vucić era all’opposizione, questi gruppi avevano piena libertà e Belgrado era quasi sotto assedio. Ma da quando è salito al potere, questi gruppi sono calmi e le persone Lgbti possono adesso marciare normalmente».
Ma, secondo Bakić, non bisogna illudersi perché gli estremisti sono i «pit bull di Vucić al guinzaglio: quando è necessario, li rilascia». Per il sociologo il Partito Progressista Serbo userebbe gruppi squadristi quando vuole distogliere l’attenzione del pubblico da questioni difficili. È allora che i «pit bull – conclude Bakić – attaccano capri espiatori come le associazioni Lgbti o altre organizzazioni non governative».
Insomma, se c’è da rallegrarsi dell’elezione di Vucić per alcuni segnali postitivi, è necessario evitare l’alea di valutazioni semplificative in riferimento alla Serbia. E non solo per quel che attiene alle questioni Lgbti.