Il 22 maggio il presidente dello Zambia Edgar Lungu ha graziato il 39enne Japhet Chataba e il 31enne Steven Sambo, la cui condanna a 15 anni di prigione per «rapporti contro l’ordine della natura» era stata confermata a novembre in appello da un’Alta Corte di giustizi di Lusaka. I nomi dei due nomi figuravano tra quelli dei quasi 3000 detenuti graziati dal Capo di Stato in vista dell’Africa Freedom Day, ricorso l’altro ieri.
La condanna di Japhet e Steven aveva sollevato una grave crisi diplomatica con gli Stati Uniti a seguito delle reazioni contrarie dell’allora ambasciatore Daniel Foote, che si era detto «inorridito. Non c’è stata alcuna violenza: i due uomini hanno avuto un rapporto consensuale».
Ricordando come il Paese dell’Africa meridionale ricevesse annualmente 500 milioni di dollari in aiuti finanziari dagli Usa, il diplomatico aveva poi rilevato come «ai funzionari governativi sia invece concesso di rubare milioni di dollari di fondi pubblici senza essere mai processati. Quando i politici picchiano i cittadini perché osano esprimere solamente la propria opinione, nessuno dice nulla».
Immediate le reazioni del ministro zambiano degli Esteri Joseph Malanji, che aveva replicato: «Un rappresentante di un governo straniero che rimette in discussione una decisione di giustizia equivale a mettere in discussione la nostra stessa Costituzione». A lui si era accodato, il 2 dicembre, proprio il presidente Lungu con l’affermare che non avrebbe mai ceduto a pressioni diplomatiche ed economiche esterne. Poi il 15 l’annuncio di aver inviato una lettera di protesta a Washington sulle osservazioni di Foote e di essere in attesa di risposta.
Risposta, che è arrivata indirettamente il 23 dicembre con il ritiro di Foote e la decisione di non sostituzione dello stesso, dopo che il Dipartimento di Stato si era precedentemente detto «costernato» dalla posizione del governo dello Zambia.