È iniziato lunedì a Los Angeles il processo per omicidio a carico del 37enne Isauro Aguirre. L’ex guardia di sicurezza è accusato di aver seviziato sistematicamente e poi ucciso il piccolo Gabriel Fernandez, figlio della compagna Pearl Fernandez. Accusata di concorso in omicidio, la donna 34enne subirà un processo a parte. Secondo Jonathan Hatami, procuratore distrettuale della contea di Los Angeles, il bimbo di otto anni fu brutalmente torturato e ucciso perché ritenuto gay.
Era il 22 maggio 2013 quando fu chiamato il 911 in soccorso di Gabriel. Al personale infermieristico, giunto nella casa della coppia a Palmdale, e poi alla polizia fu detto che Gabriel era stato ritrovato legato in un armadietto e che aveva tenato di uccidersi perché non accettava la sua omosessualità. Dichiarato cerebralmente morto, il bimbo sarebbe morto due giorni dopo.
Ma agli operatori paramedici apparve subito una realtà ben diversa. Il corpo presentava lividi e bruciature ovunque nonché una profonda frattura al cranio. Come testimoniato dall’infermiere James Cermak, mentre si tentava di rianimare Gabriel, «abbiamo iniziato a notare traumi su tutto il corpo» nonché «segni di strangolamento intorno al collo, morsi e lividi sulla testa».
L’esame autoptico e le indagini nella casa di Palmdale hanno rivelato ulteriori particolari inquietanti. Come dichiarato alla giuria dal procuratore Hatami, Gabriel era denutrito, costretto a mangiare feci di gatto e il suo stesso vomito, ripetutamente colpito con spay urticante al peperoncino, legato e costretto a dormire nell’armadietto in cui fu ritrovato il 22 maggio 2013.
Hatami ha presentato Gabriel come un bimbo «felice e sano» prima di trasferirsi dalla casa dei nonni in quella della madre e del compagno. «Non si trattava di droga. Non si trattava di problemi di salute mentale – ha continuato il procuratore con riferimento all’accusato -. Aguirre torturava brutalmente il bambino perché non gli piaceva. Credeva che Gabriel fosse gay e che ciò fosse una cosa negativa. Il processo dimostrerà che l’imputato non è altro che un bullo. Era una guardia di sicurezza che intenzionalmente torturava e commetteva abusi su un ragazzino impotente e innocente».
John Alan, avvocato difensore di Aguirre, ha ammesso che l’uomo ha torturato Gabriel sostenendo che la morte del ragazzino sia stata però accidentale. Aguirre – ha così dichiarato – «ha commesso sì azioni che hanno portato Gabriel alla morte ma non ha mai avuto l’intenzione di ucciderlo».
Nell’attesa della sentenza, che, qualora fosse di condanna, porterebbe Aguirre alla pena capitale, non è possibile non rilevare come questa macabra vicenda richiami quella del piccolo Alex di Rio de Janeiro, anche lui 8enne, ucciso a botte nel 2014 dal padre che non accettava la sua “effeminatezza”.