Le Indigo Girls sono pressoché sconosciute in Italia ed è un peccato. Prima di tutto perché sono due ottime musiciste e con chitarre acustiche. Elettriche, banjo, eccetera ci sanno fare sul serio. Stimate tanto che nei loro lavori hanno cantato Micheal Stipe dei R.E.M. (andatevi ad ascoltare la splendida Kid Fears, annata ’89), Jackson Browne, David Crosby, Sheryl Crow, solo per citarne alcuni.
35 anni di onorevole carriera e ancora un grande entusiasmo nel voler raccontarsi e raccontare l’America in cui credono. L’America che le ha viste suonare in centinaia di concerti, macinando migliaia di chilometri su un bus con la loro band, spesso a supporto di cause in cui credono. Amy Ray ed Emily Saliers, oltre tre decenni fa, hanno deciso che il loro percorso artistico non potesse prescindere da un attivismo perseverante nella difesa in primis dei diritti Lgbt. Ma anche a fianco di associazioni ambientaliste, di quelle a tutela dei nativi americani, degli homeless e chi più ne ha più ne metta. Amy ed Emily, orgogliosamente lesbiche, sono entrambe mamme e vivono serenamente nelle loro mura domestiche fino a quando l’urgenza di dire ancora qualcosa non le riunisce nei meccanismi che le hanno sempre contraddistinte preparando i loro dischi. Amy l’anima più rock, Emily quella più folk, a dividersi i pezzi che poi confluiscono nei loro lavori.
Look Long, uscito il 22 maggio scorso, probabilmente non è un disco innovativo, non aggiunge e non toglie niente alla loro onorevole carriera. Ma è pur sempre un gran bel lavoro pervaso di sincerità, suonato egregiamente e registrato negli studi della Real World di Peter Gabriel. È il disco che ci si aspetta da queste due ultracinquantenni con la gioia mista alla malinconia. È uno di quei dischi che ti fanno sedere ad ascoltare prendendo per mano colui o colei a cui vuoi bene. Vorresti solo fossero le tue vicine di casa e suonassero in giardino tutte le sere. Ascoltare un disco di Amy ed Emily è una dichiarazione d’amore, un attestato di stima per loro che non sono mai arretrate di un passo, che in 35 anni, giorno dopo giorno, hanno supportato ogni genere di rivendicazione di diritti negati.
Conobbi la musica delle Indigo Girls probabilmente nel loro momento di gloria, negli anni ‘90, quando in dischi come Rites of Passage, Swamp Ophelia e Come on Social now hanno tracciato le coordinate, insieme ad altre band del periodo, del nuovo country rock americano. La genuinità di Look Long va a scandagliare sia il privato sia il pubblico di un’America che mai come oggi fatica a trovare una coscienza nazionale e un’identità univoca. È quasi un’America scismatica quella che raccontano le Indigo Girls, vista dalla loro parte. Nel rivendicare la scelta e la sfida genitoriale, nel deprecare il business delle armi, nel ricordare cosa volesse significare essere una ragazzina lesbica in uno degli stati meridionali degli Usa negli anni ‘60, ascoltare le canzoni alla radio, amarle, pur non trovandone alcuna che dicesse qualunque cosa di te, di ciò che eri e provavi.
Dunque questa forse è stata la missione. Imbracciare le chitarre e cantare chi non era mai stato cantato, versi e note per coloro che sono state invisibili. Sto dando rifugio a una fuggitiva / un difetto di specie / lei vive nella mia anima / beve del mio vino / darei il mio ultimo respiro / perché noi si possa stare al sicuro / ma stanno venendo per noi / con telecamere e armi / non sappiamo neanche perché / ma dobbiamo correre via / e tu dici che non è questo / quello che pensavi per noi / così amore nasconditi / nasconditi per me.
Così cantavano in Fugitive le Indigo Girls. Ancora oggi con Look Long nel suo arioso mix di chitarre, voci miscelate e accordi dolce-amari, Amy ed Emily ci esortano a non nasconderci. Mai più.