La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha espresso parere favorevole all’unanimità sul ddl Zan, come risultante al termine dell’esame degli emendamenti, ma con richiesta alla Commissione Giustizia di precisare meglio due punti del testo unificato (oltre ad altre osservazioni come le coperture finanziarie anticipate dal Dl Rilancio): il primo in riferimento alla cosiddetta “clausola salva idee”, il secondo in riferimento a una migliore definizione delle “condotte discriminatorie” perseguite dalla legge.
Nel parere proposto dal relatore Stefano Ceccanti (Pd), si dice che
«a) con riferimento all’articolo 3, valuti la Commissione di merito l’opportunità di rivedere la formulazione della disposizione, nel senso di chiarire più puntualmente che non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e la manifestazione di convincimenti o di opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, nonché le condotte legittime riconducibili alla libertà delle scelte, purché non istighino all’odio o alla violenza, ossia non presentino un nesso con atti gravi, concreti e attuali;
b) valuti la Commissione di merito l’opportunità di chiarire maggiormente i confini tra le condotte discriminatorie fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, al fine di evitare incertezze in sede applicativa».
«Come relatore sul parere relativo alla legge sull’omofobia nel Comitato Pareri della Prima Commissione – ha detto il cattodem Ceccanti – sono particolarmente soddisfatto che esso sia stato approvato senza nessun voto contrario e, al termine di un proficuo scambio di opinioni, anche col sì della Lega, oltre che dei gruppi di maggioranza».
Com’era prevedibile, il parere espresso dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera è stato salutato con soddisfazione da associazioni, per lo più gravitanti nell’orbita del cattolicesimo più retrivo e occhieggiante ai movimenti sovranisti come Alleanza Cattolica, Family Day, Pro Vita & Famiglia, Movimento per la Vita, secondo cui «è evidente che adesso l’esame debba tornare nella Commissione Giustizia, e non in Aula.
Lo esige la sostanza del provvedimento: dopo la forzatura dell’aver anticipato le norme finanziarie del testo con l’inserimento degli art. 7 e 9 nella legge di conversione del Dl Rilancio, e dell’avere ignorato in Commissione Giustizia le osservazioni e la condizione poste dal Comitato per la Legislazione, oggi non va aggiunta forzatura a forzatura, sui delicati profili di costituzionalità. È in gioco il rispetto dei principi fondanti della nostra Costituzione».