Il 14 luglio un gruppo di parlamentari russi, tra cui la senatrice Yelena Mizulina, già presidente del Comitato della Duma di Stato per le Politiche della Famiglia, delle Donne e dei Bambini e decorata di medaglia dal World Congress of Families nel 2014 (quando l’edizione moscovita fu nominalmente sospesa), ha presentato alla Camera bassa dell’Assemblea federale della Russia un disegno di legge recante modifiche al Codice della Famiglia (Semejnyj kodeks).
In linea con la recente riforma costituzionale, voluta da Putin e approvata per via referendaria il 1° luglio, sulla base della quale la carta ha recepito la definizione di matrimonio quale «unione tra un uomo e una donna», i parlamentari proponenti chiedono un divieto esplicito del matrimonio tra persone dello stesso sesso e adozioni per le stesse. Inoltre, sulla scorta di quanto avvenuto in Ungheria, si vuole introdurre sul certificato anagrafico la dicitura «sesso di nascita» sì da vietare qualsiasi rettifica a livello documentale per persone transgender e vietare alle stesse di contrarre matrimonio. Ciò significa che il dato anagrafico, registrato alla nascita, sarà immodificabile al pari del nome assegnato, per cui resterà proscritto quello d’elezione anche in caso di intervento di riassegnazione chirurgica del sesso o terapia ormonale.
Il testo non specifica se si potranno o meno modificare altri documenti né il futuro dei matrimoni già contratti. Si sa con certezza che avrà anche un effetto retroattivo, obbligando le persone trans, che hanno già modificato i loro documenti, a cambiare nuovamente il loro certificato di nascita.
«Il disegno di legge – così la senatrice Mizulina, coautrice del disegno di legge, il 14 luglio – pone fine alla pratica di registrare il matrimonio tra persone dello stesso sesso, comprese le persone transgender, e, quindi, l’adozione di bambini da parte di tali coppie».
Quattro giorni dopo ci sono state proteste contro tale iniziativa legislativa a Mosca e a San Pietroburgo, che hanno portato all’arresto di 30 persone. Condanna è stata espressa anche da associazioni Lgbti e ong russe. A livello internazionale si è invece mobilitata All Out attraverso una petizione lanciata dal senior campaign manager Yuri Guaiana e rivolta a Vjačeslav Viktorovič Volodin, presidente della Duma di Stato, invitandolo «a respingere questa proposta di legge e sostenere una norma contro le discriminazione, incluse quelle basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere».
E proprio Guaiana ha dichiarato a Gaynews: «La proposta di legge presentata alla Duma segue il modello della legge ungherese contro i diritti delle persone trans e intersex a riprova del legame tra quei regimi. Con il pretesto di adeguare la legge agli emendamenti costituzionali adottati recentemente con un plebiscito, la proposta di legge renderebbe le persone trans cittadine e cittadini di serie B contravvenendo così all’articolo 19 della Costituzione russa. Dobbiamo mobilitarci per aiutare i russi a impedire che questo avvenga e fermare questa ondata omoteansfobica che si sta pericolosamente diffondendo».