Con 48 voti favorevoli e 41 contrari l’Assemblea legislativa del Queensland ha approvato una legge emendativa alla legislazione sanitaria, presentata nel 2019, che proscrive come reati le cosiddette terapie di conversione o riorientamento sessuale in ambito sanitario. I parlamentari di Liberal-National Coalition si sono opposti sostenendo che il provvedimento trasformerebbe «i medici in criminali».
Secondo le nuove disposizioni nessun professionista od operatore sanitario potrà d’ora in poi ricorrere, fra l’altro, alla «terapia dell’avversione, alla psicoanalisi e all’ipnoterapia, a interventi clinici, incluse la consulenza o l’attività di gruppo, che mirano a modificare o sopprimere l’orientamento sessuale o l’identità di genere di una persona». Chi contravverà alla norma rischia fino a 12 mesi di reclusione, mentre chi esegue le suddette pratiche su minori o soggetti vulnerabili potrà essere condannato fino a 18 mesi.
Il Queensland è da oggi il primo stato in Australia a criminalizzare le cosiddette terapie di conversione o riorientamento sessuale. Sono numerosi i Paesi che le hanno rese illegali parzialmente (su soggetti minorenni e giovani adulti come, ad esempio, in Germania o solo su minori come in numerosi Stati Usa) o senza alcun limite d’età come nel caso di Malta.
Alcuni australiani sopravvissuti a tali pratiche si sono detti tuttavia «estremamente preoccupati» per i limiti della norma, che si applicherà solo all’ambito sanitario. «Con ogni evidenza la maggior parte dei danni si verifica nel tempo in contesti informali, non in contesti terapeutici – hanno detto in una dichiarazione congiunta Sogice Survivors e Brave Network, due organizzazioni che sostengono i sopravvissuti delle terapie di conversione -. Nel 2020 gli operatori sanitari sono coinvolti solo molto raramente nelle pratiche di riconversione e quindi non devono essere l’unico obiettivo della legge».