Lo scorso giugno, al termine del lockdown, è uscito on-line Il covid 19 ai tempi dell’amore, il secondo romanzo di Ciro Formisano, regista napoletano vincitore del Globo d’Oro 2018 con il film L’esodo, tratto dal suo precedente romanzo, in cui affrontava la drammatica realtà dei lavoratori esodati che hanno subito le conseguenze della Legge Fornero.
Il nuovo romanzo, che è scaricabile anche gratuitamente (in cambio è possibile fare una donazione ad associazioni che si occupano di difesa degli animali o alla Croce Rossa Italiana), racconta la storia d’amore tra Stefano e Camilla durante la quarantena. Stretti tra il silenzio dell’isolamento e la paura della malattia, Camilla e Stefano fanno i conti con le fragilità e le paure di una relazione su cui incombono fantasmi del passato, tensioni irrisolte, scheletri ingombranti e, talora, anche inutili.
Personaggio emblematico della narrazione è Elena, infermiera lesbica e animalista, che si divide tra il soccorso domiciliare a chi ha contratto il virus e la propria dedizione agli animali: insomma, un modello di altruismo che sembra portare con sé la speranza di un mondo migliore e più giusto. Per saperne di più su questo lavoro, raggiungiamo telefonicamente Ciro Formisano.
Ciro, il tuo ultimo romanzo racconta una storia d’amore e una storia d’amicizia durante l’emergenza Coronavirus. Secondo te il lockdown ha modificato il nostro modo di vivere i sentimenti e i rapporti d’amore?
Sicuramente ha cambiato il nostro approccio ai comportamenti e ai sentimenti. Basta osservare quanto sia differente, rispetto a prima, fare conoscenza con qualcuno per la difficoltà di evitare anche una semplice stretta di mano. Può sembrare una piccola differenza ma non lo è. Da secoli, la stretta di mano è il primo segno di fiducia tra due persone, sia nelle relazioni personali che in quelle professionali. Il post Covid rischia di cancellare un gesto conviviale tipicamente occidentale che avvicina due individui. Quindi, qualunque tipo di approccio è, a mio parere, seriamente compromesso, mentre per i rapporti in essere prima della quarantena, soprattutto per quelle persone che hanno “salvato” il proprio rapporto proprio in seguito ad una convivenza “forzata”, direi che la prova più grande l’hanno già superata.
Il romanzo restituisce l’idea che tutti i finali possono essere cambiati, se abbiamo la determinazione di prendere in mano la nostra vita. Il Coronavirus, insomma, potrebbe essere anche un’opportunità da cogliere per tornare padroni della propria esistenza e del proprio destino?
Il discorso sul “finale” – che sia il “finale” della vita reale o di un’opera di finzione, come un film o un romanzo (che tentano comunque di riportare un’immagine di realtà) – mi è sempre stato molto a cuore. L’eterno dilemma è raccontare una storia conoscendo già il finale o raccontarla così come si sviluppa, senza conoscerne l’epilogo, così come accade al lettore o allo spettatore. Camilla, protagonista insieme a Stefano del romanzo, nel corso della storia, esprime la propria protesta contro quei finali di film, anche molto famosi, che tentano di accarezzare lo spettatore, blandendolo dolcemente. Mi sembra una protesta molto singolare e inedita. Poi, però, accade qualcosa che riesce a stravolgere anche le idee di Camilla. E direi che a partire da questo presupposto, è possibile modificare finali prestabiliti o idee su qualunque aspetto. Per quel che riguarda gli effetti del coronavirus sulla nostra vita, credo che siamo ancora oggi, a fine estate, in una sorta di emergenza, iniziata nello scorso marzo. Per vedere gli effetti, soprattutto quelli positivi, di questa esperienza sulle nostre vite, credo che dovremo aspettare un bel po’. Almeno dovremo attendere che l’epidemia sia definitivamente scongiurata perché credo che gli effetti, soprattutto economici e occupazionali, non si siano ancora mostrati nella loro interezza.
Un personaggio di grande umanità, nel romanzo, è Elena. Come presenteresti questa figura che, apparentemente secondario, è invece portatrice di uno sguardo differente sulla paura, sulla vita e sull’amore?
Se Il covid 19 ai tempi dell’amore avesse un’eroina, quella sarebbe senz’altro Elena, con il suo grande amore di infermiera e di donna che perde la testa per un’altra donna che, in qualche modo, ricambia i suoi sentimenti. È un personaggio inatteso e di enorme umanità. Durante il suo lavoro si occupa di esseri umani, durante il suo tempo libero si occupa di animali bisognosi come i cani di un canile. Elena è un modello d’umanità.
Infine, il distanziamento sociale è un altro protagonista del tuo romanzo. Quali le modalità con cui i tuoi personaggi lo vivono?
Noi italiani abbiamo avuto serie difficoltà a gestire il distanziamento sociale. Io stesso ho notato che quando incontro qualcuno che conosco e inizio a chiacchierarci, tutte le regole del distanziamento vengono meno nel corso della discussione. Come se chiacchierando, perdessimo la paura del contagio. Questa è una forma di empatia tipicamente italiana, non nego che sia pericolosa o dannosa, ma di sicuro prevarica su ogni criterio di buon senso o regola da rispettare. I personaggi del mio romanzo sono obbligati al distanziamento poiché uno dei due è positivo ed entrambi trascorrono il periodo di lockdown nello stesso appartamento. Alcuni lettori mi hanno detto che ho reso giustizia a quel periodo, dal momento che ho inserito moltissimi elementi di riferimento a ciò che ognuno di noi ha vissuto durante quell’esperienza. Ho fortemente voluto che questo libro fosse scaricabile gratuitamente da tutti affinché potesse essere letto da un pubblico più ampio possibile perché amo molto il messaggio che comunica, un messaggio che mi auguro, resti dentro chiunque decida di leggerlo.