Il funerale di Elisa Pomarelli si è svolto a Piacenza il 24 agosto esattamente un anno dopo la sua uccisione da parte di Massimo Sebastiani, che il 4 agosto ha ottenuto il processo con rito abbreviato. Il che significa che usufruirà di uno sconto di un terzo della pena. A Sebastiani non è stato dunque contestato l’omicidio aggravato, delitto che comprende anche la fattispecie del femminicidio ed è punito con l’ergastolo, per il quale la legge 33/2019 non prevede il rito abbreviato.
Contro una tale decisione avevano subito protestato Città delle donne-Telefono Rosa di Piacenza e Non una di meno Piacenza, denunciando l’assurdità di un ordinamento, per il quale si dà femminicidio solo quando le vittime sono mogli o partner degli assassini.
Il 17 agosto si è poi aggiunta Eurocentralasian Lesbian* Community – EL*C, il prestigioso network a carattere intersezionale, lesbico e femminista, che, aderendo alla campagna nazionale Da’ voce al rispetto a sostegno di una buona legge contro l’omo-lesbo-bi-transfobia e la misoginia, aveva anche ricordato la chiara matrice lesbofobica dell’omicidio di Elisa. Ilaria Todde, componente di EL*C, allineandosi con la posizione di Nudm Piacenza, aveva definito, in quella sede, la vigente definizione di femminicidio «preoccupante. Mi chiedo: Le donne lesbiche ammazzate da amici, parenti o altri uomini in quanto lesbiche sono protette allo stesso modo che le altre donne? È scioccante perché in questo caso la matrice lesbofobica era davvero chiara». Comunicato ripreso, lo stesso giorno, dalla nota giornalista francese Alice Coffin, nota per la sua militanza lesbico-femminista e vittima lei stessa di lesbofobia.
Si è dovuto attendere il 7 settembre per avere una presa di posizione congiunta delle realtà lesbiche italiane (Alfi – Associazione Lesbica Femminista Italiana, Lesbiche Bologna, Lesbicx, Rete Donne Transfemminista di Arcigay, Alfi Le Maree Napoli, Alfi LesbicheXXBergamo, Alfi Lune – Lesbiche del nord est, Associazione Luki Massa, Campo lesbico di Agape, Gruppo donne “Marielle Franco” – Arcigay Catania) in una con EL*C – Eurocentralasian Lesbian* Community.
Un lungo comunicato, poi sottoscritto da moltissime associazioni, organismi e persone singole dell’area Lgbti+, dal titolo Elisa Pomarelli: le lesbiche prendono la parola, in cui si ribadisce che quella uccisione è un femminicidio e un lesbicidio. Il comunicato ricorda poi come i media, nel parlare dell’omicidio di Elisa, abbiano «scelto di cancellare l’identità, la storia e le scelte di Elisa, invisibilizzandola in quanto lesbica, e con lei, noi tutte. Come tutte le soggettività che sovvertono l’ordine patriarcale con la loro stessa esistenza, anche noi lesbiche non dobbiamo essere nominate, oppure si cerca di impossessarsi delle nostre storie, travisandole così che la nostra identità risulta un dettaglio irrilevante e la parola lesbica è utilizzata solo come insulto. Di fronte a questa tragedia è importante domandarsi come sia potuto accadere. Il lesbicidio di Elisa Pomarelli è anche il risultato della lesbofobia strutturale che permea l’intera società».
Al riguardo Paola Guazzo, intellettuale lesbica, ha dichiarato di trovare «molto interessante e positivo che associazioni o gruppi lesbici e singole abbiano preso parola sul lesbicidio di Elisa Pomarelli e su lesbofobia e misoginia come fattori sociali endemici nel nostro paese. Al di là del diritto penale e dei suoi limiti patriarcali, ritengo utile una riflessione centrata sui fattori sociali. Manca a tutt’oggi una sensibilità politica generale sulla visibilità lesbica, e, quel che è più grave, manca un movimento lesbico in grado di dare risposta su questa ed altre questioni discriminatorie che viviamo ogni giorno. Questo comunicato, al di là dei suoi contenuti condivisibili, ha il valore di dare un segnale di ricostituzione, pur graduale e faticosa? Lo spero. Proprio in questi mesi è uscito un testo che dovrebbe far riflettere. Si tratta de Il nostro mondo comune, edito dalle edizioni Asterisco, ed è una raccolta di materiali elaborati da lesbiche politiche negli anni 80, nel nostro paese. In quel periodo esisteva il CLI (Collegamento Lesbiche Italiane), che stampava un bollettino mensile utile a tutti i territori ed organizzava incontri memorabili, sia di approfondimento teorico che politico. Anche su dimensione transnazionale, per esempio, con Sarah Hoagland, Mary Daly e Nicole Brossard fra le altre.
La storia non si ripete e non va monumentalizzata, ma il lesbofemminismo di cui il CLI fu portatore può essere riattualizzato e riprendere il suo corso in un mondo politico dove le istanze femministe sono di nuovo forti e in primo piano. Senza dimenticare quel che gli anni Duemila ci hanno fatto vivere, cioè la dimensione queer, che ha trasformato il modo di vivere il lesbismo per molte, rendendolo per così dire “di ogni genere“. Tanti spazi si aprono anche per la rottura di una identità forzosamente binarizzata e razzializzata. Per creare un nuovo spazio politico che lavori per il futuro, non per il passato di Harry Potter».