GenPol – Gender & Policy Insights, il think tank femminista con sede nel Regno Unito, ha avviato nelle scorse settimane una raccolta dati sulle esperienze di abusi digitali da parte di donne e persone non binarie durante la pandemia da Covid-19. Per saperne di più, abbiamo raggiunto Lilia Giugni, presidente dell’organizzazione e ricercatrice presso il Centro Studi di Innovazione sociale dell’Università di Cambridge.
Qual è l’attività di GenPol?
GenPol – Gender & Policy Insights è un think tank femminista, che svolge lavoro di ricerca e advocacy su questioni di genere e giustizia sociale. Nato quattro anni fa in Gran Bretagna, ha un ‘braccio’ italiano con sede legale a Napoli. Ci occupiamo, tra gli altri temi, di violenza di genere in tutte le sue forme, e negli ultimi due anni abbiamo lavorato molto sulla violenza digitale e sui modi in cui le nuove tecnologie rinforzano vecchi meccanismi di disuguaglianza e oppressione.
Che cos’è e perché dovrebbe interessarci la violenza digitale di genere?
La violenza digitale di genere è un fenomeno complesso, che si manifesta in forme diverse e striscianti. Dal discorso d’odio online alla pornografia non consensuale, dallo stalking digitale all’uso di strumenti tecnologici per facilitare tratta o altre forme di sfruttamento, abbiamo assistito negli ultimi 15 anni a una moltiplicazione allarmante di queste tipologie di abuso. Ed è fondamentale analizzarle e combatterle in una prospettiva di genere. Infatti, se è vero che gli attacchi online possono essere diretti contro persone di ogni genere, le statistiche parlano chiaro: il 73% delle donne a livello mondiale ha subito qualche forma di violenza digitale ed è 27 volte più probabile che una donna faccia questo tipo di esperienza rispetto ad un uomo.
Violenza digitale di genere e comunità Lgbtq+: quali gli effetti su chi la subisce?
Online come offline, diverse forme di vulnerabilità e marginalità si intersecano, e la violenza digitale non fa eccezione. Le donne non eterosessuali, non cis-gender, non bianche, non cristiane, e in condizioni di fragilità economica sono particolarmente esposte agli abusi online (così come gli uomini e le persone non binarie appartenenti a questi gruppi o comunità). E gli effetti di questi trend sono drammatici: chi diventa bersaglio di violenza digitale tende a sviluppare ansia, depressione, sindrome da stress post-traumatico, ed è a rischio di pesanti ripercussioni in termini di salute fisica, sessuale e riproduttiva, nonché in ambito professionale ed economico. L’idea che queste forme di violenza siano virtuali e quindi in qualche modo poco gravi, o avulse dalla vita ‘reale’, è profondamente fuorviante: pensiamo solo, in Italia, al tragico caso di Tiziana Cantone.
Quali le iniziative messe in campo da GenPol per offrire soluzioni a un tale problema?
In collaborazione con partner quali Ippf European Network, European Women’s Lobby e European Lesbian Conference, GenPol ha lanciato due anni fa un programma di ‘ricerca e azione’ sul tema. Lo scorso novembre, abbiamo presentato una serie di raccomandazioni per policy maker, educatori ed educatrici, media e organizzazioni di settore, basate su buone pratiche locali, nazionali e internazionali. In Italia, abbiamo di recente partecipato con interesse al dibattito su un intervento legislativo contro abusi omo-lesbo-bi-trans-fobici, allargatosi poi al discorso d’odio di genere. Come già discusso proprio in un intervento per Gaynews, ci pare che l’attuale proposta di legge fornisca una risposta, sia pure parziale, contingente e da integrarsi con altri provvedimenti, anche ad alcune manifestazioni di violenza che viaggiano sul digitale, come appunto il discorso d’odio online.
E in tempo di pandemia da Covid-19?
Al momento siamo impegnate in un nuovo progetto: una raccolta dati sulle esperienze online delle donne e delle persone non-binarie (e, in particolar modo, di chi si trova all’intersezione tra varie forme di marginalità e discriminazione, per esempio le donne Lbt) durante la pandemia. In svariati paesi, infatti, inizia ad esserci evidenza empirica dell’aumento di abusi digitali di genere durante le settimane di lockdown e restrizioni alla mobilità, in cui la tecnologia digitale ci è stata ancora più necessaria che nella quotidianità pre-Covid 19. Al tempo stesso, ci interessa moltissimo riflettere su una serie di questioni più ampie, che riteniamo urgenti. Per esempio, quale impatto sociale e di genere ha prodotto la nostra intensificata relazione con il digitale in questi ultimi mesi? Quali persone e gruppi continuano a restare esclusi dalla rivoluzione digitale? Come trasformare realmente l’innovazione tecnologica in innovazione sociale, a beneficio di tutte le persone?
Come aiutare la raccolta dati?
Basta dedicare pochi minuti a completare questo breve questionario online, riservato a donne e persone non binarie, e condividerlo con i propri contatti e nei propri network. Aspettiamo con ansia di condividere dati e ulteriori sviluppi con la readership di Gaynews!