30 giorni di reclusione a Sasha Sofeev, attivista del collettivo punk femminista Pussy Riot, che, il 7 ottobre, in occasione del 68° compleanno di Vladimir Putin, aveva issato a Mosca bandiere arcobaleno sulle facciate della Corte Suprema, del ministero della Cultura, del Servizio di intelligence internazionale (Svr), dell’amministrazione presidenziale e del comando di polizia del distretto di Basmannyj.
Secondo il tribunale distrettuale di Meščanskij, che ha irrogato la pena, Sofeev è stato riconosciuto colpevole di «reiterate violazioni delle modalità di svolgimento di iniziative pubbliche» con riferimento anche alla sua partecipazione, in febbraio, a un sit-in di protesta davanti al palazzo della Duma.
Rilasciate invece, già negli scorsi scorsi giorni, Nikulshina Nikulshina, Masha Alyokhina, Vasiliij Andrianov, Yelizaveta Diderikh. Le quattro componenti della band anti-governativa avevano partecipato con Sofeev al raid, organizzato per chiedere indagini su omicidi e rapimenti di persone gay, lesbiche, transgender, queer in Cecenia, la legge contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, la legalizzazione delle unioni tra persone dello stesso sesso, la fine di vessazioni a danni di famiglie arcobaleno e attiviste/i e associazioni pro-Lgbti+, l’abrogazione della legge sulla cosiddetta propaganda omosessuale, la proclamazione del 7 ottobre a Giornata nazionale della Visibilità Lgbtq.
«Dedichiamo questo arcobaleno a tutti – aveva fra l’altro scritto, quattro giorni fa, su Facebook il collettivo Pussy Riot, postando foto delle bandiere rainbow issate – come simbolo dell’amore e della libertà perduti».