«Durante un’epoca di predominio dei valori tradizionalmente maschili di violenza, repressione e forza bruta, dove la dittatura non era altro se non l’iperbole del maschilismo, in questo mondo maschilista si erse Minerva per dimostrare fino a che punto e in quale misura il femminile è una forma di dissidenza». Questa frase di Dedé Mirabal sulla sorella Minerva, nome evocativo anche nel senso greco di saggezza che dovrebbe ispirare la polis, può farci comprendere la storia del 25 novembre. Dal punto di vista degli avvenimenti e da quello delle energie profonde che questa giornata evoca.
Repubblica Dominicana, 25 novembre 1960: Aída Patria Mercedes, María Argentina Minerva, Antonía Maria Teresa Mirabal, nome di battaglia Las Mariposas (le farfalle), vengono prese in un’imboscata da agenti del servizio segreto militare, torturate e uccise. Sono state combattenti contro la dittatura di Rafael Leónidas Trujillo, cominciata negli anni ’30, e il loro impegno e terribile sacrificio risveglierà la rivolta popolare, portando al rovesciamento del regime (1961) e all’assassinio del Caprone: questo il nome di Trujillo nel romanzo di Mario Vargas Llosa La Fiesta del Chivo (La festa del caprone, ndr), ispirato agli avvenimenti e con protagonista rivoluzionaria Urania Cabral, anch’esso nome di derivazione greca. Urano, pianeta dei cambiamenti e delle rivoluzioni, in cui le donne, come fa notare Lidia Cirillo in Lettera alle romane, hanno sempre svolto ruolo primario e di avanguardia.
Il 17 dicembre 1999 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 54/134, dichiara il 25 novembre in loro memoria Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Oggi ci ritroviamo a celebrare questa giornata senza i nostri cortei di massa, che da anni riempiono le città. Di fronte molte rovine, il soffio della morte e della rovina sono realtà attorno a noi, e qualche speranza per un mondo che, per ora, sembra non essere caduto del tutto nella prospettiva di una revanche del peggiore sovranismo maschilista. Prospettiva comunque sempre in agguato sia in termini politici e sociali che privati, nelle case dove le donne sono vittime di violenze e femminicidi. Onda di sangue che non bastano le Giornate Internazionali ad impedire, ma viene combattuta ogni giorno dai Centri Antiviolenza e dall’impegno femminista a nulla cedere rispetto alle faticose conquiste di autodeterminazione degli ultimi duecento anni.
Chiave di volta della nostra storia è stato il pensiero della non naturalità dell’oppressione e del ruolo che il biologismo peloso del patriarcato ha imposto da millenni. La violenza può non essere solo fisica, ma celarsi proprio dietro l’imposizione di ruoli, fin dall’infanzia. Su questo aspetto le risposte italiane attendono ancora di essere elaborate, e forse sono le domande stesse a non essere poste. La sfida che ci attende è proprio quella di cominciare a farle. Solo così si rovesciano i Caproni. Che Urano sia con noi.