Sulle colonne di Le Monde il collettivo Rien à guérir ha ieri lanciato un appello al governo perché siano messe definitivamente al bando le cosiddette terapie di conversione e sia approvata la specifica proposta di legge, presentata in giugno dalla deputata de La République en marche (Lrem), Laurence Vanceunebrock-Mialon.
La lettera aperta, firmata da 20 vittime di tali pratiche, che sono state nell’addietro considerate quali «possedute dai demoni», «affettivamente immature», «contro natura», «pervertite» da «coloro che volevano “curare” la nostra omosessualità o la nostra transidentitá, incoraggiati da una visione oscurantista della religione o da una modalità datata della psicologia».
Qualificando come «devastanti» queste pratiche nelle varie forme di «sessioni spirituali, accompagnamenti terapeutici o spirituali, esorcismi, incontri di preghiera, digiuni o qualsiasi altro tipo di pressione» perché «minano gravemente la persona umana e la sua identità, che non può essere modificata», il collettivo chiede al governo di sostenere e accelerare l’esame della proposition de loi di Vanceunebrock-Mialon anziché puntare, come vorrebbe l’esecutivo Macron-Castex, su emendamenti specifici al pdl sui principi repubblicani. Si tratterebbe per le 20 vittime firmatarie di un testo al ribasso: «È un peccato che il governo non si basi sulla proposta di legge esistente, che è il risultato di tre anni di lavoro, udienze, discussioni con alcune di noi, vittime di queste pratiche».
È infatti dal 2018 che la deputata macroniana «si batte coraggiosamente affinché la legislazione veda la luce». Risale inoltre allo scorso anno la specifica missione parlamentare che, condotta da Laurence Vanceunebrock-Mialon insieme col collega Bastien Lachaud de La France Insoumise (Lfi), ha messo in luce come non poche di queste pratiche siano configurabili a «veri e propri atti di tortura».
Rilevando che «la riluttanza politica di alcuni parlamentari, che possono essere legati dal loro elettorato o dalla loro rete a frange religiose conservatrici, dimostra una mancanza di conoscenza dell’argomento e dei pericoli che ne derivano», il collettivo conclude la lettera aperta con l’invito: «Mettiamo fine, una volta per tutte, a queste pratiche mortali».