Sebbene siano passati ben 50 anni dalla sua uscita nelle sale cinematografiche italiane, Splendori e miserie di Madame Royale, diretto da Vittorio Caprioli e interpretato da un superlativo Ugo Tognazzi, torna a vivere e appassionare nel volume, pubblicato da PM Edizioni, scritto da Andrea Meroni e Luca Locati Luciani dal titolo Quelle come me. La storia di Splendori e miserie di Madame Royale.
Quello di Caprioli è stato il primo lungometraggio italiano con protagonista un personaggio apertamente e platealmente omosessuale: Alessio, mite corniciaio che evade dalla routine vestendo i panni di “Madame Royale”, gran dama settecentesca. Un film coraggioso che, quando uscì, non conobbe il grande successo che gli è stato riconosciuto, invece, nel tempo e che l’hanno reso pellicola cult della cinematografia italiana. Ugo Tognazzi, nel ruolo di Alessio, guida un cast di grandissimo pregio che comprende, tra l’altro, la compagnia en travesti dei Legnanesi. Alla regia, un autore-attore controcorrente: Vittorio Caprioli.
Andrea Merone e Luca Locati Luciani ricostruiscono con cura la genesi del film e indagano sulle suggestioni provenienti dalla realtà confluite nella sceneggiatura, supportando il lavoro di ricerca con una decina d’interviste a persone che hanno testimoniato (come Ricky Tognazzi) o contribuito alla realizzazione, come Franca Valeri. A corredo del tutto, le opinioni di artisti e militanti Lgbt+ di diverse generazioni. Per saperne di più sull’interessante operazione editoriale, raggiungiamo telefonicamente i due autori del libro.
Iniziamo la chiacchierata con Andrea Meroni, redattore di Cultweek e di altre testate online, autore del documentario Ne avete di finocchi in casa?, la cui tesi di laurea è dedicata, appunto, alla rappresentazione dell’omosessualità nelle commedie italiane dal 1980 al 1984.
Andrea, che ruolo ha avuto Splendori e miserie di Madame Royale nella storia del cinema italiano e – soprattutto – quale potenziale liberatorio può esprimere il cinema rispetto ai processi d’emancipazione culturale della società occidentale?
Splendori e miserie rimane una sorta di Ufo nella storia del nostro cinema: è stato preso con le pinze dal pubblico e quasi ignorato dal pubblico di massa. L’argomento fece arricciare il naso praticamente a tutti, distogliendo l’attenzione dai valori estetici del film che sono innegabili: molti critici videro banalmente in Fellini l’ispiratore di Caprioli, anche perché la fotografia di Madame Royale è del “felliniano” Giuseppe Rotunno, eppure il film è un mix davvero inedito di cultura alta e bassa, che si fondono genialmente nella scenografia e nei costumi di Pier Luigi Pizzi. A livello contenutistico, Madame Royale ha senza dubbio il valore della “prima volta”, anche se l’impatto fu impercettibile, almeno inizialmente. Non so se in Italia un film veramente liberatorio sull’omosessualità sia stato fatto, ma Splendori e miserie – con la sua sfida dichiarata a più di un tabù – è stato sì liberatorio per gli omosessuali “reali” che vi hanno preso parte, orgogliosi di ottenere finalmente una cittadinanza cinematografica.
Il protagonista è Alessio, il corniciaio en travesti interpretato da Ugo Tognazzi. Che rapporto ebbe l’attore con questo personaggio che è il primo protagonista omosessuale della storia del cinema italiano?
Tognazzi accettò la sfida propostagli da Caprioli con grande entusiasmo perché si addiceva a meraviglia al suo gusto per la provocazione costruttiva e perché gli permetteva di dare un altro calcio al perbenismo del pubblico e della critica. Col proprio personaggio ebbe un rapporto decisamente affettuoso, di immedesimazione completa, rammaricandosi negli anni seguenti che la sceneggiatura lo avesse condannato a una brutta fine che – a suo dire – interrompeva il coinvolgimento emotivo del pubblico nella vicenda. Ricky Tognazzi, che durante la lavorazione aveva 15 anni, ci ha raccontato di essersi allarmato vedendo che il padre tornava a casa ogni sera ancora completamente calato nel personaggio di Alessio, mantenendo la sua stessa affettazione nei modi: “parlava e rideva come una donna”, tanto che il figlio si era convinto che il film lo avesse “traviato”.
Tra le interviste proposte all’interno del volume, c’è quella alla grande Franca Valeri, icona gay ante-litteram, a partire da Parigi o cara. Come mai in questo film – di cui fu co-autrice – appare “in incognito”?
Franca Valeri ci ha rivelato di aver partecipato attivamente alla stesura della sceneggiatura assieme a Enrico Medioli, ma di non aver voluto figurare nei credits per evitare che il pubblico e la critica attribuissero a lei meriti maggiori che all’ex-marito Vittorio Caprioli, autore di un soggetto di per se stesso già molto originale.
Quale fu la visione innovativa ed eccentrica del regista Vittorio Caprioli?
Di suo Caprioli ha messo un’attenzione per i personaggi marginali che lo ha sempre contraddistinto nella propria attività di regista e la capacità di valorizzare un umorismo squisitamente camp come già in Parigi o cara. Ma anche una sensibilità molto acuta nel cogliere i mutamenti socioculturali: il vero fulcro del film è il conflitto generazionale non solo tra il protagonista Alessio e la figlia adottiva, ma anche tra lo stesso Alessio – perdente perché incapace di adattarsi a un presente convulso e disordinato – e gli omosessuali più giovani e “liberati”.
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Passiamo adesso alle domande per Luca Locati Luciani, attore, regista, saggista e redattore di magazine online, con una sensibilità particolare per la cultura gay e una vera e propria conoscenza da archivista della cultura Lgbt+ dagli anni ‘70 ad oggi.
Luca, com’è avvenuta la ricerca delle fonti?
In realtà il libro nasce da un’idea di Andrea Meroni, il vero cinefilo tra noi due. Io avevo già collaborato alla realizzazione del suo documentario Ne avete di finocchi in casa?, in cui si fa un’analisi della rappresentazione dell’omosessualità nel cinema di genere italiano degli anni ’60. Allora Andrea aveva fatto “un’immersione” nel marasma di riviste, poster e libri legati a temi Lgbt+ – che da anni sto archiviando – scovando materiale iconografico da poter utilizzare nel documentario. Anche questa volta quindi mi ha contattato per il mio ruolo di “pusher”. La ricerca di fonti e materiale iconografico è avvenuta giocando in casa, insomma, anche se in questo caso ho dato una mano anche per la parte testuale, soprattutto per interviste e ricostruzione del contesto storico. Un grande aiuto lo abbiamo avuto anche da Giovanbattista Brambilla, fotografo ed ex redattore dei periodici Lgbt+ Babilonia e Pride. È grazie a lui se abbiamo fatto scoperte su interpreti minori, location e fatti di cui poter parlare nel libro.
Quale fu la reazione del pubblico e della critica all’uscita di Madame Royale? Quali tratti ancora attuali conserva questo film?
Il film purtroppo non ebbe grande successo di pubblico e critica, e questo per vari motivi. Il divieto ai minori di 18 anni non giocò a suo favore, ma a mio avviso ci furono anche altre motivazioni. Una di queste riguarda proprio la reazione di pubblico e critica al film. Se il primo non lo capì perché si aspettava una commedia frizzante con un Tognazzi e un Caprioli en travesti, e non un ibrido dal finale così tragico, la critica non fu esente da numerose recensioni apertamente omofobiche. Insomma, il registro drammatico adottato per buona parte del film lo condannò all’insuccesso e all’incomprensione. Anche i militanti del nascente movimento di liberazione Lgbt+ (allora ancora identificato come “movimento di liberazione gay”), a partire da quelli del FUORI! nato giusto un anno dopo, spesso odiarono il film perché lo identificarono come ennesima operazione di vittimizzazione di un personaggio omosessuale. Ci sono però sempre stati e state anche estimatori/trici del film, e il contributo di Porpora Marcasciano contenuto nel nostro libro ne è una testimonianza. A partire dagli anni ’80 poi, anche grazie ad alcuni passaggi televisivi, la pellicola è stata riscoperta da un pubblico più vasto. Il film aveva un che di anacronistico già quando uscì, ma lo splendore camp che trasuda da alcune scene – prima tra tutte quella celeberrima della festa in casa di Madame Royale – lo rende amato anche dalle generazioni più giovani.
Il libro è la prima uscita di Obliqua, una nuova collana dedicata alla storia Lgbt+. Volete parlarmene?
Beh, in questo caso posso davvero ringraziare questo libro, perché durante la stesura l’editore è venuto a conoscenza del mio archivio, in cui sono contenuti documenti, libri, riviste che ancora necessitano uno studio e una storicizzazione. Da lì è partita l’dea di creare una collana in cui pubblicare saggistica storica su temi Lgbt+, e utilizzo questo acronimo non a caso. Io e le altre persone coinvolte nella collana abbiamo infatti la convinzione che molte vite, esperienze e documenti debbano essere ancora riscoperti, e un acronimo che sia il più inclusivo possibile rappresenta la nostra volontà di ricerca. Per questo abbiamo deciso di chiamarla Obliqua, per la sua ambizione ad essere trasversale dal punto di vista tematico e metodologico. Ad aiutarmi ci sono tre persone che operano in ambito universitario: Chiara Beccalossi, Alessio Ponzio e Cirus Rinaldi. Siamo poi coaudivati da un comitato scientifico di docenti e attivisti/e. Per concludere, ci terrei a dire che chiunque abbia ricerche da proporci può farlo attraverso il modulo presente in questo link: https://www.pmedizioni.it/collane/obliqua/.