Si è tenuta dal 2 al 4 febbraio in videoconferenza la riunione del Comitato direttivo sull’antidiscriminazione, la diversità e l’inclusione (Steering Committee on Anti-Discrimination, Diversity and Inclusion [Cdadi]) del Consiglio d’Europa.
Il primo giorno hanno avuto anche luogo le elezioni dei cinque componenti del bureau del Cdadi, a capo del quale nel ruolo di presidente è stato eletto all’unanimità (salvo due astensioni) Triantafillos Loukarelis, coordinatore dell’Unar. La carica di vicepresidente è andata a Lela Akiasvili (Georgia). Gli altri tre membri del bureau sono Andreas Nielsen (Danimarca), Jürgen Merz (Germania) e Josie Youd (Regno Unito).
Istituito nel 2019 dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa per promuovere l’uguaglianza di tutte le persone e sviluppare società più inclusive, il Cdadi svolge un ruolo consultivo dell’accennato organo decisionale, che rappresenta direttamente i governi dei 47 Stati membri (di cui 27 fanno parte dell’Unione europea). Nello specifico lo Steering Committee on Anti-Discrimination, Diversity and Inclusion consiglia il Comitato dei ministri su prevenzione e lotta contro l’incitamento all’odio e la discriminazione per motivi di razza, colore, lingua, religione, origine etnica/nazionale, nazionalità, orientamento sessuale e identità di genere. Si occupa anche di lotta all’antiziganismo e del miglioramento della partecipazione attiva e dell’inclusione di Rom e Camminanti nella società, di salvaguardia dei diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali e dell’uso delle lingue regionali o minoritarie come anche della promozione dell’integrazione interculturale.
Presidente Loukarelis, come ha accolto la sua nomina?
Con grande soddisfazione anche in considerazione del fatto che il Comitato svolge un ruolo importante all’interno dell’organismo europeo più plurale qual è il Consiglio d’Europa. È per me un onore, un piacere e un riconoscimento del lavoro che facciamo. Un riconoscimento soprattutto per l’Italia. Spero di poter portare quanti più risultati possibili in tema di salvaguardia dei diritti umani e delle persone più vulnerabili. Adesso ci prepariamo alla prossima riunione di giugno, che speriamo di poter fare in presenza.
Di cosa si sta interessando al momento il Cdadi?
Stiamo soprattutto trattando la questione di Rom, Sinti e Camminanti e dell’integrazione dei migranti all’interno di politiche sia nazionali sia locali. Abbiamo inoltre focalizzato l’attenzione sul linguaggio dell’odio per valutare quale tipo di provvedimento consigliare agli Stati membri.
Nell’ultima riunione avete anche affrontato la questione dei diritti delle persone Lgbt+?
Certo. In primo luogo abbiamo ottenuto un importante risultato: dopo tanto tempo siamo riusciti a portare i Paesi di Visegrad e anche la Russia a posizioni meno perentorie. Infatti Ilga-Europe e Transgender Europe insieme alla Rete Near sono stati accolti all’interno del Cdadi come osservatori permanenti. Inoltre, grazie alla Sogi Unit, si è avuto il via libera per una revisione dell’atto principale del Consiglio d’Europa in materia che è la raccomandazione 5 del 2010. Revisione per l’elaborazione di una nuova raccomandazione più aggiornata, prevista tra qualche anno.
Quale bilancio darebbe nel complesso?
A detta di tutti il risultato della tre giorni è molto positivo. Anche perché, ed è il dato più importante, abbiamo approntato una bozza di raccomandazione al Comitato dei ministri sulla gestione della pandemia in relazione a diritti umani, impoverimento dei più vulnerabili (migranti, senzatetto, Rom e Sinti, ecc.), aumento dell’odio in rete con crescente antisemitismo e, in generale, incremento del linguaggio d’odio generalizzato verso le categorie più esposte. Nella bozza si fa anche riferimento al problema della violenza domestica, di cui sono vittime le persone Lgbt+ a causa del lockdown e delle varie misure restrittive, e alla conseguente necessità di dare maggiore impulso alla creazione di luoghi di accoglienza e ospitalità.