Sanremo 2018 è iniziato. Da ieri sera fino a sabato 10 febbraio la kermesse musicale più celebre dello stivale incollerà milioni di telespettatori – di tutte le età, estrazioni sociali e provenienze geografiche – agli schermi televisivi perché, nonostante sia sempre più criticata, snobbata e trattata con sufficienza, la verità incontrovertibile ed innegabile è solo una: Sanremo è Sanremo!
Ovviamente, il festival porta con sé, da sempre, anche considerazioni e valutazioni legittime sui cantanti selezionati e su quelli esclusi. Tra i big della canzone italiana che, a questo giro, non vedremo sul palco floreale dell’Ariston, c’è una cantante sempre molto rainbow che non ha mai nascosto un particolarissimo feeling con la comunità Lgbti: L’Aura, nome d’arte di Laura Abela.
Incontriamo L’Aura nel bel mezzo di un trasloco e, tra scatoli e scatoloni, ci dedica qualche minuto per raccontarci della sua esclusione e non solo.
L’Aura, hai trovato strana la tua esclusione dalla rosa dei big che da ieri sera si esibiscono al teatro Ariston di Sanremo?
Devo dire che non è una cosa strana. Io provo tutti gli anni ad andare a Sanremo e l’anno prossimo può darsi che si ripeta. Ma questo vale per la stragrande maggioranza dei miei colleghi. Però molti non lo dicono per paura di fare brutta figura. Ma secondo me non c’è da fare brutta figura perché queste cose dipendono da fattori imponderabili e anche da una certa dose di fortuna. Ci sono artisti, molto più noti di quelli che sono stati scelti da Baglioni, che sono rimasti a casa. Ed è normale perché le selezioni dipendono da dinamiche che non conosciamo e che non sono legate a interessi di lobby. Ma proprio a questioni televisive che, spesso, hanno poco a che fare con le nostre reali qualità artistiche.
Tra l’altro, si tratta di un festival con poche donne in gara…
Pensa, io stavo per essere selezionata perché avevo passato quasi tutti gli step e poi alla fine mi hanno escluso dicendo che c’erano troppe donne tra gli artisti selezionati. Adesso, mi rendo conto che di donne ce ne sono pochissime. Allora o i brani presentati dalle donne erano davvero brutti oppure è stato fatto un ragionamento che mi sfugge. Ma non credo che Baglioni sia misogino: non mi sembra proprio un tipo misogino. Analizzando in maniera più fredda e razionale, mi verrebbe da pensare che hanno preferito pezzi più tradizionali e hanno lasciato in gara solo pochi brani più nuovi e giovani.
Per quale big fai il tifo?
Mi piacerebbe vincesse Ermal Meta perché se lo merita ed è un bravissimo ragazzo.
A proposito del tuo feeling con la comunità Lgbti, come te lo spieghi?
Ma è chiaro: mi amano perché sono fuori di testa come me! Scherzi a parte, penso che mi amino per varie ragioni: per esempio, le mie canzoni sono adatte a narrare storie d’amore che si possono aprire a qualsiasi interpretazione di orientamento e identità. Sono canzoni queer, le mie! Poi mi è sembrato sempre evidente che, ai miei concerti, il 60% del pubblico sia Lgbti e, anche nella mia vita provata, sono sempre stata attorniata da persone lgbti.