Nel 2020 il Cile ha assistito a un incremento del 14,7% di casi e denunce di omofobia e transfobia con un aumento esponenziale di pestaggi e omicidi. A rilevarlo il XIX° Rapporto annuale sui diritti umani della diversità sessuale e di genere realizzato dal Movimiento de Integración y Liberación Homosexual (Movilh). Ben 1.266 gli episodi di odio omotransfobico, che costituiscono il dato più alto conosciuto finora al riguardo.
Nell’anno della pandemia sono stati registrati 6 omicidi, 132 aggressioni fisiche o verbali commesse da civili, 16 abusi della polizia, 110 casi di discriminazione sul lavoro e 33 di natura educativa, 60 mobilitazioni o campagne d’odio e 379 episodi di emarginazione istituzionale, 64 esclusioni nello spazio pubblico o privato, 253 casi di omo/transfobia di comunità, 209 discorsi che incitano alla violenza e 4 atti di discriminazione nella cultura, nei media o nell’intrattenimento.
Dei 1.266 casi segnalati il 26% ha colpito gay, il 15% lesbiche, l’11% trans (76 donne e 59 uomini), mentre il 48% ha colpito la popolazione Lgbtiq+ nel suo complesso. Rispetto al 2019 la discriminazione è aumentata del 78,4% per i gay, del 46,8% per transgender e 8,28% per lesbiche, mentre gli abusi contro la popolazione Lbtiq+ nel complesso sono diminuiti del 6,26%. La più alta concentrazione di casi nel 2020 è stata nuovamente registrata nella città di Valparaíso con il 38,4% del totale nazionale, seguito dalla Regione metropolitana di Santiago (23,93%).
«Per il 2020 si può concludere – così il report – che l’aumento non è solo correlato al fatto che le vittime denunciano più che in passato, e sono più consapevoli dei loro diritti, ma anche perché c’è un aumento della discriminazione, in particolare quando si registrano progressi a favore dei diritti Lgbtiq+ contro i quali gli oppositori dell’uguaglianza si mobilitano con forza, violenza e sistematicità».