È un processo che segna una data storica. Venerdì scorso un uomo di 25 anni è stato condannato a 14 anni dalla Corte d’Assise di Parigi per «stupro causato dall’orientamento sessuale» di una donna lesbica. È la prima volta che, in Francia, viene applicata l’aggravante lesbofobica in un processo per stupro. La lesbica è Jeanne (nome modificato su richiesta della vittima), della quale l’uomo «conosceva già all’inizio del loro incontro l’orientamento sessuale». Nel marzo 2020 lo stupratore era già stato condannato in prima istanza dal tribunale di Seine-Saint-Denis, ma l’aggravante lesbofobica non era stata considerata.
«Voleva annientarmi in quanto lesbica», ha dichiarato Jeanne. La Corte si è avvalsa anche di una testimonianza di una giovane che aveva sentito varie volte lo stupratore lanciare verso Jeanne una frase intimidatoria e minacciosa: «Ti prendi le donne? Ora ti prendo io!».
Il riconoscimento del carattere lesbofobico dell’aggressione è stato, per Jeanne, fondamentale. «Voleva annientarmi – così la vittima – come lesbica, punirmi. Nel primo processo sono stata annientata per la seconda volta dalla giustizia, dalla società, nella mia identità, ed è stata la cosa più terribile».
Per Silvia Casalino, co-direttrice di Elc* (EuroCentralAsian Lesbian* Community) «le donne lesbiche e bisessuali sono estremamente esposte alle violenze e alle aggressioni sessuali» a causa dell’odio e del disprezzo «legati all’orientamento sessuale, ma anche dalla percezione misogina secondo la quale le donne sono degli oggetti, e soprattutto degli oggetti sessuali».
Si tratta di stupri punitivi, le lesbiche sono considerate reiette sociali, anormali da correggere e da ricondurre con la violenza alla via dell’eterosessualità obbligatoria. «Lo stupro punitivo avviene frequentemente, ma è scarsamente denunciato – così Lucile Jomat, presidente di Sos Homophobie –. Spero che la giustizia proceda nella direzione intrapresa, per quelle che non hanno il coraggio di denunciare».