L’esame del ddl Zan in Commissione Giustizia del Senato non poteva avere inizio più tormentato la settimana scorsa con l’annuncio di 170 audizioni da parte del presidente Andrea Ostellari e l’invio di una lettera dei capigruppo di tutti i partiti della vecchia maggioranza (a eccezione di Italia Viva) a Maria Elisabetta Alberti Casellati. Per fare il punto della situazione, abbiamo raggiunto la pentastellata Alessandra Maiorino, componente della Commissione Giustizia, il cui impegno nella cosidetta bicameralina per la redazione del testo unificato, approvato il 4 novembre scorso alla Camera, è stato decisivo.
Senatrice Maiorino, il 26 maggio i capigruppo di Autonomie, LeU, M5s e Pd a Palazzo Madama hanno inviato una lettera alla presidente Casellati sul ddl Zan. Perché?
«Gentile presidente, Le scriviamo per segnalarle l’impossibilità di proseguire l’esame, presso la Commissione giustizia, del disegno di legge n. 2005 […]. Il presidente della Commissione, senatore Ostellari, fin dall’inizio dell’esame del disegno di legge de quo, ha adottato comportamenti palesemente ostruzionistici in aperta violazione del suo ruolo e delle sue funzioni di garanzia, impedendo il funzionamento della Commissione e l’inizio dell’esame del provvedimento per ben quattro mesi». Questo è l’incipit della lettera che abbiamo inviato alla presidente Casellati. Il motivo è evidente: rendere la presidenza del Senato edotta di quanto sta avvenendo in Commissione Giustizia, lasciare agli atti i comportamenti prevaricatori messi in atto dal senatore Ostellari in veste di presidente della medesima e per preannunciarle che se l’ostruzionismo di Ostellari prosegue, siamo determinati a «chiedere la convocazione di una Conferenza dei capigruppo che abbia ad oggetto la calendarizzazione del disegno di legge n. 2005».
Il taglio delle audizioni è stato presentato dal presidente Ostellari come una volontà non ostruzionistica. Che cosa ne pensa?
Non è stato un taglio, è stata una spuntatina. Se si pensa che per riforme di natura costituzionale in prima lettura si fanno di media 25-30 audizioni, richiederne 70 in presenza e altrettante per iscritto per un disegno di legge ordinaria già approvato in un ramo del Parlamento non può essere classificato in altro modo che una provocazione, specie se ci si aggiunge il sarcasmo di presentare ciò come “apertura al dialogo”.
Come valuta la richiesta di un tavolo con le forze di maggioranza da parte del capogruppo di Italia Viva Davide Faraone?
Triste. Questa legge ha bisogno dell’intera maggioranza che la votò alla Camera per passare. Non voglio credere che il partito di Renzi voglia usare un disegno di legge come questo, che tutela i diritti umani di una larga fetta di cittadinanza (il diritto all’incolumità, all’eguaglianza, alla pari dignità, per citarne solo alcuni) per “pesarsi”. I diritti civili e umani segnano un confine che la Politica non dovrebbe valicare. Ma parliamo di Politica con la P maiuscola, cosa cui in Italia siamo disabituati e che noi, come Movimento 5 Stelle, lotteremo al fianco di Giuseppe Conte per far tornare in auge.
La cancellazione dell’identità di genere dal ddl è considerata irricevibile dal mondo Lgbt+ perché equivarrebbe a escludere le violenze e discriminazioni contro le persone trans. Qual è il suo pensiero nel merito?
È considerata irricevibile anche da me come donna, come senatrice e come cittadina italiana. Peraltro questa legge non sancisce il diritto all’identità di genere: quello lo fanno due sentenze della Corte Costituzionale, e precisamente la 221/2015 e la 180/2017. Il cosiddetto ddl Zan, alla cui stesura ho con entusiasmo e orgoglio partecipato, prevede che non si possano colpire con odio o incitamento all’odio le persone per motivazioni fondate sull’identità di genere. L’allarme che una certa propaganda ha sollevato è del tutto infondato. Ci dovremmo allarmare quando le persone transgender vengono uccise o picchiate o respinte ai bordi della società. Ecco, lì ci dovremmo allarmare.
Che cosa ritarda la richiesta della procedura prevista dall’art. 77 del Regolamento del Senato e cosa dobbiamo aspettarci per la prossima settimana?
Ricorrere all’art. 77 è un gesto politico molto forte. Alle prime avvisaglie dell’ostruzionismo leghista, e ben sapendo che non si sarebbe fermato, come Movimento 5 Stelle abbiamo ritenuto fosse opportuno raccogliere le firme per essere pronti, e siamo stati immediatamente seguiti da Leu. Di recente si è aggiunto anche il Pd: Franco Mirabelli e Monica Cirinnà hanno aggiunto le loro firme alla nostra richiesta datata 4 maggio. Personalmente resto convinta che sia l’unico modo per portare la legge fuori dalle sabbie mobili della commissione detenuta da Ostellari. Ma alla fine non importa il come: l’importante è che si vada in aula, dove ciascun senatore e ciascuna senatrice sarà solo, con la propria coscienza e il proprio voto. La prossima settimana in commissione plenaria chiederemo a Ostellari di votare sulla data per il termine dei lavori, che abbiamo chiesto sia il 29 giugno. Mi auguro tanto che si possa raggiungere quel bel 13 a 11 della volta scorsa.
Lei ha partecipato, il 20 maggio, alla consegna delle oltre 460.000 firme raccolte da Da’ voce al rispetto per l’approvazione senza stralci del ddl Zan così come avvenuto alla Camera. Qual è a suo parere il significato di un tale atto?
È stato un momento emozionante, come mi è stato confermato anche dai colleghi che ne hanno preso parte: Michela Montevecchi (M5S), che ha ricordato con commozione come il primo ddl che avesse mai depositato dopo la sua elezione a senatrice nella scorsa legislatura, fosse stato proprio un provvedimento di contrasto all’omotrasnfobia, Francesco Laforgia (Leu) e Anna Rossomando (PD), che hanno ricordato che i valori che tengono insieme una società non possono essere accantonati in un momento emergenziale come la pandemia, ma anzi, vanno ribaditi e rinsaldati con maggior convinzione ancora. Per me è stata la vivida rappresentazione della richiesta di un Paese che è cresciuto, che è stanco di odio, che ha voglia di prendersi per mano e andare avanti senza più antiquati pregiudizi che dividono, onorando la nostra Costituzione.