«In questi tempi di morta fede ed empietà trionfante». Così recita la supplica alla Madonna di Pompei che, letta coralmente dai cattolici l’8 maggio e la 1° domenica d’ottobre, risente dell’aulico linguaggio ottocentesco dell’autore. Quel Bartolo Longo, fondatore del santuario mariano e delle opere assistenziali annesse (proprietà della Santa Sede), cui a Pompei è dedicato proprio il piazzale antistante la celebre basilica. Piazzale su cui, il 30 giugno, si dovrebbe snodare anche il Pride quale tappa dell’intero percorso. Una tappa che, secondo gli organizzatori, sarebbe obbligata per motivi logistici.
Ma non per i componenti di Forza Nuova Campania che, riesumando toni e argomenti da predicazione ottocentesca (quella, cioè, dei tempi dell’avvocato Longo), hanno gridato alla blasfemia e annunciato un presidio presso il santuario per impedire il Pride. Ecco cosa si legge in un post pubblicato sulla relativa pagina Fb:
Gay Pride a Pompei? Scenario di morte della cristianità e della civiltà!
“Il 30 giugno prossimo Pompei potrebbe vivere uno scenario agghiacciante paragonabile senz’altro alla distruzione dovuta all’eruzione del Vesuvio del 79” – questa la frase che apre il comunicato stampa dei dirigenti forzanovisti campani.
“È una provocazione che definire blasfema ci sembra poco, un vero attacco ai valori cristiani. Non vogliamo e non possiamo permettere che la città si trasformi in un circo ambulante. Il Gay Pride non è una manifestazione per i diritti civili, ma una sfilata tra il carnevalesco e il porno di sicuro cattivo gusto e contrario alla buona educazione. La scelta di esibirsi a Pompei, città che ospita uno dei Santuari Pontifici Mariani più importanti d’Italia non è certamente un caso da parte di Arcigay , la quale è stata attenta a scegliere anche una data molto particolare per i fedeli, il 30 giugno, data simbolo nella quale vengono ricordati i primi martiri del cristianesimo condannati a torture incredibili da Nerone solo perché cristiani”.
Ma la realtà è ben diversa.
La scelta della cittadina vesuviana quale location di una delle cinque marce campane dell’orgoglio Lgbti è stata spiegata tempo fa da Antonello Sannino, presidente di Arcigay Napoli, che proprio a Gaynews ha dichiarato: «Avevamo scelto da tempo Pompei, una città piccola ma dall’eco enorme. Pompei è una delle città italiane più conosciute al mondo ma con la mentalità di una città di 30mila abitanti. Andiamo a Pompei perché Pompei, volendo usare una metafora attualizzante, era un po’ l’Amsterdam dell’antichità. Senza dimenticare che, poco prima della convocazione del Pride, era stato scoperto nella cittadina vesuviana un calco di due uomini. Due uomini probabilmente travolti dall’eruzione del Vesuvio mentre erano in atteggiamento amoroso.
Pompei è una grande sfida in un momento delicatissimo per l’Italia e l’Europa in cui c’è un forte rigurgito delle destre, dei populismi e c’è una forte paura per tutto ciò che può essere differenza. Pompei sarà perciò anche il Pride della laicità».
Circa la data, poi, nessuna volontà irriverente d’offendere la memoria dei Santi protomartiri della Chiesa di Roma (la cui celebrazione al 30 giugno, fra l’altro facoltativa, è addirittura sconosciuta alla maggior parte dei cattolici) ma la semplice contiguità temporale a quel 28 giugno, in cui si ricordano i moti di Stonewall.
Alla scorretta quanto inappropriata evocazione delle persecuzioni neroniane (al cui riguardo i forzanovisti danno prova d’ignorare i maggiori studi di storia del cristianesimo) si sono inevitabilmente accompagnate le consuete minacce di violenza fisica e verbale.
Come quelle di Salvatore Pacella, responsabile di Forza Nuova Napoli, che in un post ha minacciato così i partecipanti al Pride: «Se venite a frocieggiare fuori il santuario vi pigliamo a calci nelle gengive (non altrove perché potreste provare piacere)».
Queste sì, volendo utilizzare il cascame linguistico dei nostalgici del Ventennio, indegne dei sacri luoghi pompeiani. Queste sì scorrette e inappropriate a quanti – dal momento che si vantano d’essere credenti tutti d’un pezzo – «si dicono cristiani eppur offendono il cuore amabile del tuo figliolo». Parola, anche questa, di Bartolo Longo e della sua supplica.