Durissimo discorso di Ursula von der Leyen, che intervenendo ieri in plenaria a Strasburgo sulla normativa ungherese contro la pedofilia (da oggi in vigore) ha fatto riferimento al relativo dibattito tenutosi il 24 giugno al Consiglio europeo. «I capi di Stato e di governo – ha detto la presidente della Commissione europea – hanno condotto una discussione molto personale e accesa sulla nuova legge ungherese. Tra le altre cose questa legge stabilisce che film, informazioni e pubblicazioni con raffigurazioni di lesbiche e gay non possono più essere mostrati a bambini e giovani di età inferiore ai 18 anni in Ungheria. E si presume che tali informazioni abbiano un impatto negativo sullo sviluppo fisico e morale dei minori».
Von der Leyen ha quindi aggiunto: «Questa legge mette l’omosessualità e il cambio di sesso alla pari con la pornografia. Questa legge usa la protezione dei bambini – a cui tutti teniamo – come pretesto per discriminare severamente le persone a causa del loro orientamento sessuale. Questa legge è vergognosa».
Come noto, l’articolo 1 del provvedimento orbaniano, integrando modifiche alla legge del 1997 sulla pedofilia, recita: «Al fine di garantire le finalità della presente legge e i diritti del minore, si vieta di rendere accessibili a persone di età inferiore ai 18 anni contenuti pornografici o che ritraggono la sessualità in modo gratuito o che rappresentano e promuovono identità di genere diversa dal sesso assegnato alla nascita, il cambiamento di sesso e l’omosessualità». Parole che ricorrono in altri articoli, volti ad emendare le leggi del 2008, 2010 e 2011 rispettivamente su pubblicità, mass media e tutela delle famiglie.
Von der Leyen ha anche spiegato che «i Commissari Reynders e Breton hanno scritto alle autorità ungheresi per esprimere le nostre preoccupazioni legali su questa legge. Se l’Ungheria non correggerà il tiro, la Commissione utilizzerà i poteri a essa conferiti in qualità di custode dei trattati. Cerchiamo di essere chiari: usiamo questi poteri indipendentemente dallo Stato membro che viola il diritto europeo».
Non si può non rilevare come il 23 giugno, alla vigilia del Consiglio europeo, i capi di Stato e di Governo di 16 Paesi Ue (cui si è aggiunta poi l’Austria), compreso Mario Draghi, avessero sottoscritto una lettera in vista della Giornata mondiale dell’orgoglio Lgbt+ per riaffermare la difesa dei diritti delle persone Lgbt+ e la comune lotta contro le discriminazioni nei loro confronti con implicito riferimento alla situazione ungherese. «Sarà una giornata – così nel passaggio centrale – per ricordare che siamo società diverse e tolleranti, impegnate nello sviluppo senza ostacoli della personalità di ciascuno dei nostri cittadini, compreso il loro orientamento sessuale e la loro identità di genere».
Parole queste già rilevate in riferimento al ddl Zan dal sottosegretario all’Interno Ivan Scalfarotto nell’intervista del 26 giugno a La Stampa e ultimamente dal deputato del Pd Emanuele Fiano in un post su Facebook.