In prossimità della parata del World Pride 2021, che si terrà sabato 21 agosto a Copenaghen, la commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović ha ieri rilasciato un lungo comunicato dal titolo Orgoglio contro umiliazione: manipolazione politica dell’omofobia e della transfobia in Europa (Pride vs. indignity: political manipulation of homophobia and transphobia in Europe).
Rilevando l’influenza dei cosiddetti movimenti no gender, Mijatović punta soprattutto il dito contro la stigmatizzazione delle persone Lgbti per tornaconto politico. Al riguardo cita i recenti casi di specifiche azioni governative e interventi parlamentari o presidenziali in Armenia, Moldavia, Polonia, Ungheria, Russia, Bulgaria, Turchia, Repubblica Ceca, Bosnia Erzegovina, Estonia, Finlandia, Lettonia, Slovacchia. L’Italia viene citata con Ungheria, Spagna, Polonia e Regno Unito quale paese in cui «i politici incitano alla transfobia e la perpetuano, mettendo in discussione la “normalità” o addirittura l’esistenza stessa delle persone transgender».
Ma il più ampio riferimento al nostro Paese lo si ritrova nel paragrafo Impatto dannoso sulle persone Lgbti e in relazione al ddl Zan. «Disegni di legge – si legge – che dovrebbero essere incontrovertibili hanno scatenato un acceso dibattito politico. Ad esempio, in Italia, un ddl, dove l’orientamento sessuale e l’identità di genere sono menzionati insieme con altri motivi in un testo che vieta l’istigazione all’odio e i crimini d’odio, è bloccato da mesi. Gli oppositori hanno sostenuto che questa misura minaccia la libertà di espressione e la libertà di pensiero».
Con esplicito rimando alla sentenza Beizaras and Levickas vs. Lithuania della Corte europea dei diritti dell’uomo (14 maggio 2020), la commissaria Mijatović ribadisce come sia stato stabilito che «l’istigazione all’odio contro le persone Lgbti non è tutelata dalla libertà di espressione e nemmeno dalla libertà di religione. Nei paesi, in cui i politici che esprimono con orgoglio posizioni anti-Lgbti sono al governo, assistiamo già a uno smantellamento dei diritti Lgbti esistenti o di politiche positive, ad esempio per quanto riguarda il riconoscimento legale del genere».