Il 4 aprile del 2017 Novaja Gazeta, il quotidiano russo su cui scriveva Anna Politkovskaja, dava la notizia che le autorità cecene stavano sequestrando, torturando e uccidendo degli uomini sospettati di essere gay.
A un anno dall’articolo di Elena Milashina, che sollevò il velo su quegli orrori, All Out ha organizzato in varie città la manifestazione Global Speak Out for Chechnya, volta a commemorare le vittime e chiedere alle autorità russe di avviare un’indagine sui fatti ceceni.
Esse si terranno, domani 7 aprile, a Brasilia, Londra, Città del Messico, Monaco di Baviera, Berlino, Stoccolma, York, Roma. Nella capitale l’appuntamento è dalle 17:00 alle 18:30 in viale Castro Pretorio, altezza fermata della metro angolo via Gaeta (a pochi passi dall’Ambasciata della Federazione Russa).
La manifestazione romana è stata co-organizzata da All Out, Associazione Radicale Certi Diritti e Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli.
Sin da quando si apprese ciò che stava accadendo in Cecenia, All Out ha lavorato con il Russian Lgbt Network – la più grande associazione Lgbt russa – e, limitatamente all’Italia, con associazioni, come Certi Diritti e il Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli, per rispondere alla crisi.
All Out è riuscita così a raccogliere abbastanza fondi da permettere a decine di persone d’uscire dalla Cecenia. Senza dimenticare che lo scorso anno Yuri Guaiana, Senior Campaigns Manager ad All Out e attualmente presidente dell’Associazione Radicale Certi Diritti, è stato arrestato a Mosca mentre tentava di consegnare 2 milioni di firme per chiedere alle autorità russe di aprire un’inchiesta.
E proprio Yuri Guaiana ha spiegato a Gaynews il significato della manifestazione e la scelta della data del 7 aprile sulla scia dei ricordi della drammatica esperienza dell’arresto: «Il 7 aprile di un anno fa il dipartimento di Stato americano ha confermato quanto Novaya Gazeta aveva rivelato al mondo pochi giorni prima: decine di uomini venivano rapiti, torturati e, in alcuni casi, uccisi in Cecenia solo perché sospettati di essere gay. Con All Out abbiamo raccolto sufficienti fondi da evacuare decine di persone e oltre due milioni di firme per chiedere alle autorità russe di fare giustizia.
La risposta è stata quella di arrestare me e altri quattro attivisti russi mentre stavamo cercando di consegnare le firme a Mosca. A un anno di distanza giustizia non è ancora stata fatta, nonostante le autorità russe abbiano tutte le informazioni necessaire e anche una denuncia formale di un sopravvissuto, Maxim Lapunov. Il loro obiettivo è chiaro: vogliono che il mondo si dimentichi di questa vicenda. Ma noi non ci stiamo.
Con le manifestazioni di domani a Roma e in altre città del mondo, vogliamo mandare un chiaro messaggio: non rimarremo in silenzio finché un’inchiesta imparziale sugli abusi perpetrati in Cecenia non sarà conclusa e i responsabili assicurati alla giustizia».
Dichiarazioni, cui si riallacciano quelle ufficiali di Leonardo Monaco, segretario dell’Associazione Radicale Certi Diritti. «È trascorso già un anno – così ha affermato – da quando il giornale russo d’opposizione Novaja Gazeta ha portato a conoscenza dell’opinione pubblica internazionale la realtà del pogrom antigay ceceno.
Domani manifesteremo davanti alla diplomazia russa e, idealmente, davanti a tutte le istituzioni e i leader mondiali per chiedere verità e giustizia per l’ennesima violazione dei diritti umani del popolo ceceno che ancora pochi sembrano voler vedere».
E Sebastiano Secci, presidente del Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli, ha a sua volta detto: «A un anno dalle prime notizie degli orrori perpetrati in Cecenia contro centinaia di omosessuali, senza mai un chiarimento da parte delle autorità, manifestiamo di nuovo e con maggior vigore accanto alla comunità Lgbt+ russa. Riteniamo, infatti, sia nostro dovere continuare a denunciare alla comunità internazionale questa inaccettabile situazione, ribadendo la necessità che anche il nostro Paese si muova diplomaticamente per la richiesta di informazioni alle autorità russe».