E così, dopo 88 giorni di incertezze, di incarichi assegnati e revocati, di contratti firmati, di ministri sbagliati, il Governo si è fatto. Dopo la peggior crisi politica degli ultimi quarant’anni almeno, se non di tutta la storia della nostra Repubblica, l’Italia s’è desta di nuovo a destra.
Una destra populista e ottusa, che prende consensi su slogan intraducibili in realtà, che non ha contenuti politici, ma che è, senza se e senza ma, omofoba, razzista, xenofoba, sessista e liberticida. Non ha fatto in tempo a insediarsi questo nuovo Governo, che il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha immediatamente riportato il Paese alla “normalità”. «Basta con questa storia del genitore 1 e genitore 2 – ha detto ieri sera a Sky Tg24 -: ogni bambino ha diritto ad avere una mamma e un papà».
Del resto anche senza le affermazioni di Salvini, quando il premier Giuseppe Conte ha letto la lista dei ministri, si è capito subito a che cosa saremmo andati inconstro con la nomina di Lorenzo Fontana al dicastero per la Famiglia e le Disabilità. Un leghista duro e puro, antiabortista, omofobo, difensore della famiglia “naturale”, avversario della fantomatica ideologia gender, contrario al fine vita nonché xenofobo e antieuropeista.
Un uomo che ha affermato che «i gay vogliono dominarci e cancellare il nostro popolo». Ed è subito notte.
La comunità Lgbti ci ha messo 40 anni per ottenere il più basilare dei diritti, le unioni civili. Quanti anni ci vorranno ora per avere diritto alla genitorialità congiunta? Cosa né sarà dell’autodeterminazione delle donne, delle persone trans, dei disabili? Cosa succederà nelle scuole quando qualche insegnante farà un tentativo di educazione alle differenze?
L’Italia è rimpiombata nel Medioevo, ma starà a noi fare in modo che indietro non si torni. Noi persone Lgbti, noi migranti, noi donne, noi disabili. Noi che facciamo della diversità un valore, noi che promuoviamo una cultura della diversità. Noi, che non possiamo arrenderci, dobbiamo unirci e scendere nelle piazze, nelle strade, andare nelle scuole, nelle università, nelle biblioteche, nelle discoteche e dobbiamo continuare a portare i nostri colori, la nostra cultura. Dobbiamo armarci di picconi e buttare giù i muri dei pregiudizi, armarci di pazienza e portare avanti le nostre battaglie contro ogni forma di discriminazione.
Questo è il momento di invadere le città ai Pride, di fare pressione su quelle Regioni governate ancora dal centro sinistra o da amministrazioni progressiste affinché approvino leggi contro l’omotransnegatività. E il momento di continuare il poderoso lavoro che da anni facciamo nelle scuole, cercando alleanze con quei presidi e quegli insegnanti illuminati che non si fanno intimorire dalle direttive nazionali.
Questo è il momento di mobilitarci. E di farlo con la parte migliore del Paese, senza nemmeno chiederci più chi stia a destra o a sinistra. Ma distinguendo tra chi sta dalla parte dei diritti e chi no.
Io sogno un’Italia nella quale un disabile possa avere diritto a un assistente sessuale, una donna possa avere diritto a fare ciò che vuole del proprio corpo e del proprio utero, un bambino possa avere diritto ad avere due genitori (indipendentemente dal genere), ognuno di noi possa avere diritto a porre fine alla propria vita in maniera dignitosa. Creiamo alleanze, costruiamo reti, tracciamo percorsi.
Mia nonna, staffetta partigiana tra i monti del Piemonte, mi raccontava storie di resistenza e coraggio. E quando le chiedevo se avesse mai avuto paura, mi rispondeva che non c’era tempo per la paura e che ci sono dei momenti nella storia nei quali o stai di qua o stai di là. Questo è uno di quei momenti.