Vanni Piccolo non ha bisogno di presentazione. Storico militante del movimento Lgbti e socio fondatore del Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli, ha ricevuto nel mese scorso il Premio Abbraccio – Agedo 2018.
A due giorni dal Roma Pride Gaynews l’ha raggiunto per raccoglierne impressioni e valutazioni sull’attivismo arcobaleno italiano in relazione all’odierno clima politico.
Vanni, qual è secondo te lo stato attuale del movimento?
Quanto sta succedendo sullo scenario politico non può sorprendere completamente il movimento di liberazione omosessuale. Forse sorprende di più, e a mio avviso deve preoccupare di più, l’aspetto sociale di questo scenario, cioè la convergenza popolare verso le destre in tutta Europa.
Certo il movimento di oggi ha più spazi di riconoscimento sociale e anche di azione. Ma sarebbe sacrilego scambiare un risultato parzialmente positivo, sicuramente importantissimo, per conquiste radicate nella cultura sociale del nostro Paese.
Le dichiarazioni del ministro Fontana hanno provocato una condanna corale da parte delle diverse anime del movimento: qual è a tuo parere il motivo?
Le dichiarazioni, rilasciate gli scorsi giorni dal ministro Fontana, non sono altro che le stesse che sentiamo ormai da molto tempo e contro le quali non abbiamo trovato gli strumenti giusti. Solo che oggi quelle dichiarazioni sono amplificate dalla tribuna del Governo e quindi acquistano la valenza di una minaccia più reale: dichiarazioni che hanno comunque un tratto di novità, perché puntano alla negazione dell’esistente, dichiarano inesistente una realtà riconosciuta giuridicamente da una legge dello Stato.
C’è un’evidente volontà di negare le nostre esistenze. Non posso fare a meno di riandare col pensiero al periodo fascista, quando si negava che nella virile e maschia Italia ci potessero essere “ricchioni”: oggi la presenza dei “ricchioni” non può essere negata, ahiloro!, ma non deve essere riconosciuta né tanto meno può essere riconosciuta come famiglia.
Come reagire dunque a tutto ciò?
Certo dobbiamo essere molto preoccupati, ma non dobbiamo avere paura. Non dobbiamo rintanarci, perché saremmo stanati e sbranati. Per contro non dobbiamo abbassare la guardia. Credo che dovremmo cercare sponde solidali e collaborative nei settori democratici della società e nella parte progressista del mondo cattolico, che rifiuta di sentirsi complice di questa restaurazione medioevale e oscurantista. Sono sicuro che i toni da crociata e i richiami a tempi molto bui scuoteranno anche le loro coscienze .
Dobbiamo riorganizzare la nostra lotta, rafforzare la nostra militanza, rianimare tutto il nostro orgoglio. Credo anche che dobbiamo essere vicini alle ragazze e ai ragazzi delle nostre famiglie. Ragazze e ragazzi, che forse non hanno ancora maturato il filtro necessario per confrontarsi con parole così dure verso la loro giovane serena esistenza. Dobbiamo saper anche incoraggiare e sostenere quelle giovani coppie che sono arrivate all’amore attraverso un percorso sereno amicale e oggi, mentre ancora sono avvolte dall’emozione del loro “sì, si confrontano con sgomento con parole di negazione del loro amore.
Siamo nel pieno dell’Onda Pride, che è stata preceduta anche, quest’anno, dalle solite polemiche politiche e non solo. Non credi che bisognerebbe forse ripensare a un Pride nazionale sì da lanciare un messaggio forte alle istituzioni?
Il Roma Pride del 9 giugno prossimo è la prima manifestazione di massa dopo l’insediamento di questo governo. E non a caso ha come slogan: La liberazione continua. E allora ci devono vedere in massa, con tutta la nostra favolosità, tutta la nostra libertà espressa in tutte le forme, con tutto il nostro amore, le nostre famiglie, i nostri amici. E non vogliamo essere soli. L’attacco alla comunità Lgbti è un attacco alla democrazia, alla sfera dei diritti e delle libertà. È un attacco alla civiltà e al progresso, alla cittadinanza europea, all’accoglienza, alla solidarietà, al sentimento di umanità, concetti che sono alla basa del vivere civile.
Il Roma Pride deve costituire l’occasione per manifestare l’opposizione di tutte e tutti contro un governo antidemocratico, liberticida, razzista, fascista, oscurantista. A partire da noi, persone Lgbti, offese e ferite nella nostra dignità, nelle nostre vite, nei nostri amori, nei nostri affetti più cari. Un grande fiume arcobaleno in piena deve confluire al Roma Pride.
Senza affatto sminuire le locali marce dell’orgoglio dell’Onda Pride, la cui portata è di grandissima importanza, credo che, quest’anno, il Pride di Roma debba essere un Pride nazionale. Roma è la sede della politica nazionale e solo da Roma può arrivare una voce forte chiara e unitaria ai palazzi della politica. Credo sarà necessario ripensare, anche per i prossimi anni, all’idea di un Pride nazionale a Roma come manifestazione di tutto il movimento.
Il momento politico, come dicevo, lo impone. Sono sicuro che saranno con noi tutti coloro che si identificano in modo intelligente, sano e libero nei valori cristiani e che si rifiutano di accettare una visione così gretta e limitata di questi valori. Ovviamente anche i componenti di quei partiti di tutti i colori politici che hanno a cuore la democrazia.
La trasversalità della lotta sarà una grande forza. Serve un atto fortemente dimostrativo, unitario, con la presenza di tutte le associazioni, da Arcigay ad Agedo, con tutti i comitati locali, e di tutte le altre sigle presenti nel territorio. Lo so che tutto ciò richiede rinunce e un grande sforzo organizzativo, ma la storia si scrive col coraggio e col cuore. Dobbiamo sommergerli, soffocarli, sotterrarli con la nostra presenza.
Dobbiamo far vedere che esistiamo e che siamo tanti, tantissimi e che non ci faremo spaventare dal loro razzismo, dal loro odio e dalla loro omofobia. La nostra favolosa rivoluzione, non a tutti i costi gentile, continua con la nostra forza unitaria, con l’armata dell’amore.
Vanni, oggi senti ancora in te l’entusiasmo di una volta? Quale, in conclusione, il contributo che può venire da attivisti con una profonda esperienza come la tua?
In questo momento ognuno deve fare la sua parte. Non c’è un’età per dire ho già dato e concludere la propria militanza. Come gli eroi della Resistenza, noi con più anni di impegno siamo chiamati a testimoniare l’attualità della rivoluzione e a essere vicini alle nuove generazioni col nostro rinnovato entusiasmo.
Io ci sarò, con i miei 78 anni e mi farò tutto il percorso. Ci sarò insieme agli altri ad accogliervi con il mio orgoglio, la mia fierezza, la mia favolosa cravatta. E vi abbraccerò con l’amore di un vecchio militante che ha lottato e lotta perché il nostro amore trionfi.