A nulla sono valse le proteste avanzate da Amnesty International. Come previsto, le due donne d’etnia malese (di età compresa tra 22 e 32 anni), condannate in agosto per rapporti omosessuali, sono state oggi sottoposte alla pubblica fustigazione nel sultanato di Terengannu (uno dei 13 Stati federali della Malaysia).
La pena – che sarebbe dovuta essere inflitta il 28 agosto ma poi differita per motivi tecnici alla giornata odierna – era stata irrogata, all’inizio del mese scorso, da un tribunale della Shari’a.
Condannate anche a una multa di 3.300 ringgit (690 euro), le due giovani donne erano state arrestate ad aprile dopo essere state scoperte insieme in un’auto in una piazza pubblica.
Stamani, vestite di bianco e coperte dal velo, sono state fatte sedere su uno sgabello e, quindi, colpite sei volte con un bastone di rattan. Una di loro è scoppiata in lacrime. Oltre 100 persone hanno assistito alla pubblica fustigazione, cui Amnesty International ha levato ripetutamente la voce quale misura ingiusta e crudele configurabile alla tortura.
Ma per Abdul Rahim Sinwan, vicepresidente nazionale dell’Associazione Avvocati Musulman, la pena inflitta secondo le leggi islamiche non è stata né dolorosa né severa, avendo come scopo quello d’educare le donne perché si pentano. Riprova di ciò, sarebbe l’assenza di pianti e urla da parte delle condannate che, al contrario, «mostravano rimorso. Il pentimento è lo scopo ultimo della punizione per il loro peccato».
Non si può non ricordare come in tutti gli Stati malesi si registri un clima crescente di discriminazione e odio verso le persone Lgbti. Poche settimane fa autorità locali hanno fatto rimuovere i ritratti di due attivisti Lgbti da un pubblico evento.
Il ministro per gli Affari religiosi Mujahid Yusof Rawa ha inoltre dichiarato che il governo non sostiene né sosterrà in alcun modo la promozione della cultura Lgbti nel Paese. Nel mese d’agosto, infine, una donna transgender è stata fortemente picchiata da un gruppo di persone in uno Stato meridionale della Malaysia.
In Malaysia, come noto, quasi i due terzi della popolazione (che si compone di 31 milioni di abitanti) sono musulmani. Su di essi hanno competenza tribunali islamici in materia di famiglia, matrimonio e sessualità.