Sarà presentato questa sera al Florence Queer Festival il documentario Il calciatore invisibile che, scritto e diretto da Matteo Tortora, è stato realizzato grazie alla raccolta fondi per Produzioni dal Basso e al sostegno di Toscana Film Commission, Livorno Film Commission, Regione Toscana e Comune di Livorno.
Come Rafiki (proiettato il 2 ottobre) Il calciatore invisibile è una delle due anteprime che, nell’ambito dell’importante rassegna giunta alla 16° edizione e diretta da Bruno Casini e Roberta, gode della partnership del Festival dei Diritti promosso dal Comune di Firenze. Incentrato sul tema tabù dell’omosessualità nel calcio, il documentario sarà infatti presentato alle 21:30, presso il Cinema La Compagnia, dal regista, dai giocatori della squadra Revolution Team insieme con gli assessori comunali Sara Funaro e Andrea Vannucci.
Saranno proprio i calciatori della Revolution Team a essere i veri protagonisti della serata, dal momento che la pellicola documentale ripercorre la storia della squadra amatoriale fiorentina composta da giocatori omosessuali.
È noto come negli ultimi anni sempre più atleti, anche di fama mondiale, facciano coming out in quei Paesi dove i diritti della minoranza arcobaleno sono tutelati. Nuoto, atletica, tennis, pallavolo, rugby sono tra le discipline sportive col maggior numero di atleti/e Lgbti a differenza del calcio, dove i coming out effettuti si contano sulle dita.
Il documentario racconta l’attuale stato delle cose, ricordando al pubblico la breve ma complessa lista degli episodi legati alla discriminazione, accaduti in campo, negli spogliatoi o in varie occasioni pubbliche.
Con un impianto classico le interviste ad alcuni dei protagonisti della Serie A italiana, tra cui Alessandro Costacurta, Cesare Prandelli, il vicedirettore della Gazzetta dello Sport Andrea Di Caro, si alternano alle testimonianze dei calciatori della Revolution Team: una squadra da anni in campo, per dimostrare al pubblico che il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere non possono e non devono rappresentare un limite per lo sport che si ama.