La Knesset ha respinto ieri, in lettura preliminare, un progetto di legge sull’estensione dei programmi statali di gpa a uomini single e coppie di persone gay. Presentata dai deputati dell’opposizione Itzik Shmuli (Unione sionista) e Yael German (Yesh Atid), la proposta è stata bocciata con 49 voti contrari su 41 favorevoli.
Tra i sì anche quelli di quattro deputati della coalizione: Merav Ben-Ari e Tali Ploskov di Kulanu, Sharren Haskel e Amir Ohana di Likud. Lo stesso Ohana che, il 18 luglio, si è visto respingere un suo emendamento alla legge, approvata in quel giorno, in favore del ricorso alla surrogacy da parte di uomini single e coppie di persone gay. Respingimento su cui è pesato anche il voto contrario del premier nonché compagno di partito Benyamin Netanyahu, tanto da spingere le opposizioni ad accusare Ohana di fare da foglia di fico in un Likud sempre più prono ai diktat dell’estrema destra.
In luglio è stata infatti approvata la norma che ha esteso i programmi di gpa (accessibili dal 1996 in Israele alle sole coppie eterosessuali sposate) alle donne single con problemi medici. Legge che è stata subito bollata da attivisti e attiviste quale discriminatoria e omofoba, portando, il 22 luglio, alle grandi manifestazioni di piazza con lo sciopero nazionale Lgbti.
Nel progetto di legge ieri respinto si contemplavano inoltre delle modifiche alla normativa in vigore, volte ad ampliare i requisiti richiesti alle donne gestanti per altre o altri e introdurre, al contempo, restrizioni per proteggere la loro salute. Inoltre si proponeva un limite di 160.000 shekel sull’importo totale dei pagamenti da effettuare alla donna gestante: attualmente non vi è alcun limite al riguardo e la somma erogata si aggira intorno ai 200.000 shekel.
Le note esplicative al progetto di legge rilevavano, infine, come a causa delle restrizioni all’accesso ai programmi statali di gpa «negli ultimi anni si sia sviluppato un determinato fenomeno: gli israeliani viaggiano all’estero per diventare genitori, ricorrendo alla gpa grazie a donne residenti in un Paese straniero». Processo, questo, che «solleva molte difficoltà legali ed etiche».
Durissimo in aula Itzik Shmuli, primo firmatario del pdl e attivista gay, che ha dichiarato: «Il diritto a una famiglia è un diritto fondamentale: uno degli elementi centrali dell’esistenza umana, la realizzazione suprema della natura umana e del desiderio di continuità di una persona. Questo diritto naturale occupa un posto importante nei diritti umani. Ma da più di 20 anni è negato a un’intera comunità, la mia. La legge consente solo alle coppie di un tipo specifico di esercitare il diritto di essere genitori».
Ha quindi aggiunto: «Per il governo eravamo di seconda classe e restiamo di seconda classe. Ma è arrivato il momento delle azioni, non delle parole. La nostra richiesta è basilare e riguarda l’uguaglianza».
Ha cercato di smorzare i toni in un’aula surriscaldata il premier Netanyahu, che ha dichiarato: «Sostengo la surrogacy per la comunità Lgbti ma finora non abbiamo una maggioranza nella coalizione per emanare la legge». Ha quindi aggiunto che il suo governo sta lavorando a una normativa analoga, spiegando che essa deve essere però elaborata in maniera tale da ricevere il sostegno di tutti i partiti della coalizione, inclusi i due ultra-ortodossi.
Secondo Netanyahu una tale disegno di legge potrebbe arrivare al vaglio della Knesset entro un mese. «Quando avremo la maggioranza necessaria – ha concluso -, la presenteremo».