Era ricorso cinque anni fa, insieme con l’allora compagno, alla pratica della gpa in California per poter concretare il proprio desiderio di genitorialità.
Un desiderio pressoché utopico per una persona omosessuale nella Repubblica di Singapore, dove non solo è priva di riconoscimento legale qualsiasi forma di unione tra individui dello stesso sesso ma sono addirittura vietati quale reato (punito fino a due anni di carcere) i rapporti sessuali tra uomini.
Retaggio, come noto, di una normativa che, pur risalente all’epoca coloniale britannica e scarsamente applicata, è comunque vigente secondo la Sezione 377A del Codice penale di Singapore.
Rientrato in patria, l’uomo, che è un medico 46enne, si era rivolto lo scorso anno a un giudice distrettuale per cercare di assicurare al piccolo la cittadinanza attraverso domanda d’adozione (che nella città-Stato Singapore è concessa sia a single sia a coppie sposate). Ricevendone però un netto rifiuto per essere la donna gestante sia una straniera sia, ovviamente, non coniugata con l’uomo.
Elementi, questi, ostativi alla concessione della cittadinanza singaporiana secondo l’ordinamento giuridico in vigore.
L’uomo ha fatto quindi ricorso all’Alta Corte di Singapore che oggi, nella persona del giudice Sundaresh Menon, ne ha accolto l’istanza nel «migliore interesse del bambino», tutelato, in questo caso, dall’adozione.
L’Alta Corte ha comunque precisato che la decisione va considerata in relazione allo specifico caso e non deve essere letta quale approvazione della pratica della surrogacy.