All’Off/Off Theatre di Roma va in scena, fino al 13 gennaio, Salvatore Sasà Striano con il suo spettacolo dal titolo Il giovane criminale, Genet/Sasà.
Il lavoro è ispirato al Giovane criminale di Jean Genet, il monologo con cui Salvatore Sasà Striano si rivolge direttamente agli spettatori, provocandoli e spingendoli alla comprensione della realtà criminale e carceraria. Un invito ad aprire gli occhi su verità dimenticate o ignorate. Sono quelle verità che Sasà racconta agli spettatori, a ruotare costantemente intorno alla vita di un giovane criminale, che nasce e cresce miezz’a vie, proprio com’è accaduto a se stesso. Come Genet, Striano indicherà la via d’uscita che egli ha imboccato, la via definita dalla capacità salvifica dell’arte, della poesia, della letteratura e soprattutto, del teatro.
Incontriamo Sasà Striano a due giorni dal debutto romano per saperne di più sul suo spettacolo.
Sasà, come mai hai sentito l’esigenza di portare in scena un lavoro ispirato a Genet?
Perché l’amico mio Genet è stato più volte imbavagliato sia per limitarne la libertà d’espressione sia per frenarne la libertà sessuale. E darò voce sempre alla sua anima!
Il giovane criminale è anche un lavoro teatrale sulla verità e sulla necessità di fare i conti con le verità che il mondo borghese preferisce ignorare o rimuovere. Guardare in faccia le verità, anche le più scomode, ci libera o ci danna? Qual è la verità più scomoda con cui Sasà ha dovuto fare i conti?
Guardare in faccia le nostre verità non potrà mai essere una cosa dannosa ma anzi liberatoria. Se non guardi in faccia la tua verità non puoi liberarti. Quindi dobbiamo gridarle sempre più forte e senza vergogna. Personalmente, poi, non credo che esistano verità scomode. Le bugie sono scomode, perché facciamo fatica a nasconderle e ci mettono in pericolo.
Da quale pregiudizio dobbiamo liberarci per poter guardare in maniera più autentica la vita?
Le persone che hanno pregiudizi vivono in carcere. Sono in galera con sé stessi. Si creano delle prigioni dentro di loro.