Circa 50 personalità britanniche del mondo della musica, della cultura e della moda hanno firmato un appello pubblico, pubblicato ieri su The Guardian, in cui chiedono alla Bbc il boicottaggio del prossimo Eurovision Song Contest, in programma a maggio in Israele, per protestare contro la violazione dei diritti dei palestinesi. Come noto, lo scorso settembre, dopo la vittoria della cantante israeliana Netta Barzilai in Portogallo, era stato annunciato che Tel Aviv avrebbe ospitato l’edizione del 2019.
Eppure Israele, scrivono i firmatari, tra cui il cantante Peter Gabriel, la stilista Vivienne Westwood, i registi Ken Loach e Mike Leigh, il cantautore Roger Waters (uno dei fondatori e componenti dei Pink Floyd nonché sostenitore della campagna internazionale Bds [Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni] contro Israele), «non fa nulla per proteggere i palestinesi dall’esproprio della propria terra, da espulsioni, sparatorie, percosse e altri atti commessi dalle forze di sicurezza. Quando la discriminazione e l’esclusione sono così profondamente radicate, la volontà di Eurovision 2019 di celebrare la diversità e l’inclusività suona vuota».
Ma la la Bbc, che trasmetterà il festival nel Regno Unito, ha già respinto la richiesta rilevando come l‘Eurovision Song Contest non sia «un evento politico».
La richiesta dei firmatari britannici è stata preceduta, martedì, da una petizione di generale boicottaggio che, lanciata da Pinkwatching Israel, è stata firmata da oltre 60 associazioni Lgbtiq e attivisti/e di quasi 20 Paesi.
Dall’Italia hanno aderito AhSqueerTo, Assemblea transterritoriale TerraCorpiTerritori di Non Una di Meno, Associazione Giosef Unito – GIOvani SEnza Frontiere, Circolo Pink Glbtqe di Verona, Fuori dai Binari, Laboratorio Smaschieramenti, Liberatzione, Pride Off, Shannara Cooperativa Sociale nonché Valérie Taccarelli, storica componente del Mit e musa ispiratrice di Alfredo Cohen.
In Francia, invece, Bilal Hassani, 19enne youtuber queer e compositore di origini marocchine (candidato prescelto per rappresentare il Paese), è stato vittima di insulti e messaggi omofobi sui social dopo l’annuncio della sua partecipazione. SOS Homophobie e Urgence Homophobie, scese i campo in difesa dell’artista, hanno annunciato che sporgeranno denuncia.
«In seguito alla scioccante ondata di odio nei confronti di Bilal Hassani – hanno scritto le due associazioni Lgbti, dopo avere identificato più di 1500 tweet contro il cantante – SOS Homophobie e Urgence Homophobie collaboreranno per colpire ogni persona che ha insultato, discriminato o minacciato Bilal Hassani sui social network. Le parole che possono essere lette contro di lui sono indegne, inaccettabili e non resteranno impunite».
Lo stesso Hassani ha presentato una denuncia contro ignoti per «ingiuria, istigazione all’odio e alla violenza» e «per le minacce omofobe ricevute».