Non si placa in Spagna la polemica sull’imminente disseppellimento della salma di Francisco Franco dalla Valle de los Caídos e l’interramento in altro luogo. Ma non certamente nella cattedrale madrilena dell’Almudena, come vorrebbero i familiari. Disposto da un decreto del Consiglio dei ministri in data 24 agosto 2018 e approvato dal Congresso dei Deputati il 13 settembre successivo, il trasferimento delle spoglie del Caudillo è considerato necessario dal governo Sánchez.
Fatto costruire dal regime – non senza il lavoro forzato di detenuti politici – per accogliere i resti di José Antonio Primo de Rivera, fondatore della Falange Spagnola, e dei 33.872 caduti di entrambi gli schieramenti durante la Guerra Civile del 1936-39, l’imponente complesso mausoleico, dove Franco è sepolto dal 1975, è considerato dal governo spagnolo un monumento al regime dittatoriale del Generalísimo. Cosa, questa, che, come detto recentemente dal primo ministro Pedro Sánchez Pérez-Castejón, in «una democrazia quale quella spagnola non può permettersi».
Ma per molte vittime Lgbti del franchismo ci sono preoccupazioni più urgenti. La questione della riesumazione ha infatti spinto molte di esse ad avanzare nuovamente richieste d’indennizzo per le vessazioni e torture, cui sono state sottoposte in 36 anni di regime e nei tre successivi fino al 1979.
Antoni Ruiz, ora 60enne, aveva 17 anni, quando fu detenuto per tre mesi nel 1976 a seguito della Ley de Peligrosidad y Rehabilitación Social del 1970 che, in vigore fino al 1979 e sostitutiva di quelle anteriori del 1933 e 1953, considerava le persone omosessuali un «pericolo sociale». Mentre era in prigione, fu stuprato da un altro detenuto per ordine di un agente di polizia.
«È stato un inferno». Queste le parole rilasciate alla Fondazione Thomson Reuters di Madrid da Antoni, che nel 2004 ha fondato l’Asociación de Ex Presos Sociales de España a tutela del diritto delle vittime omosessuali e transgender al risarcimento. Come messo in luce dallo storico Arturo Arnalte, circa 5.000 persone, per lo più uomini gay e bisessuali nonché donne trans, sono state condannate secondo detta legge.
Nel 2008, durante il governo socialdemocratico di José Luis Rodríguez Zapatero, il Parlamento spagnolo aveva approvato uno stanziamento di 2 milioni di euro per risarcire le vittime Lgbti. Con la salita al potere del Partido Popular (PP) nel 2011, fu fissata al 31 dicembre 2013 il termine ultimo per le domande. Ciò, alla fine, ha comportato un’erogazione di soli 624.000 euro.
Da allora Ruiz, che ne ha ricevuto 4.000 euro, sta cercando di persuadere l’attuale governo a liberare la restante parte dei fondi stanziati per le 116 vittime ufficialmente riconosciute.
Uno stipendio mensile per le persone, che hanno subito lo stigma per il loro orientamento sessuale o identità di genere e non hanno potuto avanzare nella carriera lavorativa, «permetterebbe alle stesse – come detto da Ruiz – di vivere decentemente i loro ultimi giorni». Una portavoce del governo ha rifiutato di commentare i piani specifici per compensare le vittime omosessuali e transgender sotto Franco.
Della questione risarcimento ha parlato alla Reuters anche Mar Cambrolle, presidente dell’Asociación de Transexuales de Andalucía (Ata), per la quale è stato dato un buon segnale in Spagna ma che «ovviamente non si è fatto abbastanza. La maggior parte del denaro non è stato speso perché molte vittime erano già morte o non volevano scavare nel passato. È un modo ingiusto di stanziare i soldi». Secondo Cambrolle le persone transgender «hanno probabilmente sofferto le peggiori forme di repressione».
Ma molte delle vittime, anche quelle che hanno combattuto per il diritto al risarcimento, si sono stancate di questa battaglia apparentemente senza fine. E, nel frattempo, sono anche invecchiate. «Ho già parlato abbastanza», ha detto una donna transgender di Siviglia sempre alla Reuters.
La questione del disseppellimento dei resti di Franco continua intanto a dividere. A opporsi non soltanto la Chiesa ma anche i partiti di opposizione Ciudadanos e PP, i quali accusano il Psoe di Sánchez e i partner di sinistra di voler riaprire ferite passate. Per le organizzazioni a tutela dei diritti umani la riesumazione è, invece, un dovere democratico.
A interessare, infine, alle persone più colpite dal regime di Franco è la dimensione morale. A quasi 43 anni dalla sua condanna, Ruiz ritiene che il trasferimento dei resti di Franco dalla Valle de los Caídos «sarebbe una grande vittoria, non solo per le vittime, ma anche per la democrazia stessa».