Sono cinque i candidati in testa ai sondaggi per le elezioni presidenziali in Slovacchia, che si terranno il 16 marzo: Zuzana Čaputová, Maroš Šefčovič, Štefan Harabin, Marian Kotleba, Béla Bugár.
Ma secondo i sondaggi ad aggiudicarsi la vittoria, già al primo turno, con ben oltre il 50% delle preferenze sarebbe la 45enne Čaputová, avvocata ambientalista ed eccezionale oratrice, la cui fama è cresciuta progressivamente per aver sostenuto le proteste di piazza anti-governative a seguito dell’omicidio del giornalista investigativo Ján Kuciak e della sua fidanzata Martina Kušnírová il 21 febbraio 2018.
Quando fu assassinato, Kuciak stava conducendo un’inchiesta per il sito Aktuality su casi di corruzione e truffe intorno ai fondi strutturali dell’Unione Europea, arrivando a sostenere l’esistenza di rapporti tra la ‘ndrangheta calabrese e alcuni componenti del Governo. La massicce reazioni popolari avrebbero portato di lì a poco, il 22 marzo, il primo ministro Robert Fico alle dimissioni. E proprio oggi, all’antivigilia del voto, è stato incriminato quale mandante dell’omicidio l’uomo d’affari Marián Kočner, già in prigione dallo scorso anno per frode e al centro dell’inchiesta di Kuciak.
Madre di due figli adolescenti e con un divorzio alle spalle, Čaputová, che è sostenuta dal presidente uscente Andrej Kiska, è una convinta europeista e vicepresidente del partito Progresívne Slovensko, attualmente fuori dal Parlamento di Bratislava. Al centro del suo programma, sintentizzato nello slogan Combattiamo il male insieme, la lotta alla corruzione e la revisione d’un sistema giudiziario che, a suo parere, è gravemente distorto e a beneficio di politici e loro sostenitori. In un Paese alle prese col populismo Čaputová si differenzia dagli altri candidati per la sua ferma opposizione alle spinte sovraniste e nazionaliste.
Componente di Environmental Law Alliance Worldwide, la pasionaria di Bratislava è stata l’artefice della battaglia legale contro la discarica illegale di Pezinok, cuore dell’omonimo distretto vinicolo della Slovacchia, e nel 2016 ha vinto il prestigioso Premio Goldman per l’Ambiente. In un Paese a maggioranza cattolica Čaputová, infine, è sostenitrice del riconoscimento legale dell’unione tra persone dello stesso sesso e dell’accesso all’adozione per le coppie di persone omosessuali.
Per le particolari doti oratorie ha letteralmente incantato il pubblico nei dibattiti televisivi, superando ampiamente nei gradimenti il principale concorrente Maroš Šefčovič, che ha puntato la propria campagna principalmente sulla tutela della famiglia tradizionale. A nuocere non poco all’ex comunista 52enne, sposato e padre di tre figli, l’aperto sostegno da parte del partito al potere Smer-Sd, benché egli corra come indipendente. Vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per l’unione energetica dal 2014, Šefčovič è pro-Ue ma rifiuta di essere visto come “gentiluomo di Bruxelles”.
Ampiamente indietro nei sondaggi, invece, i due candidati antisistema Harabin e Kotleba, rispettivamente al terzo e al quarto posto.
Presidente della Corte Suprema dal 1998 al 2003 e dal 2009 al 2014, il 61enne Štefan Harabin è stato ministro della Giustizia durante il Governo Fico I dal 2006 al 2009, quando fu travolto dallo scandalo per la pubblicazione di una conversazione telefonica con un boss della mafia nel 1994. Nel 2006 arrivò a licenziare in due giorni sette presidenti di tribunali regionali senza giustificazioni. Euroscettico e convinto sostenitore della revoca delle sanzioni europee contro Mosca, è stato ampiamente criticato per aver pubblicato sul proprio profilo Fb notizie false sui migranti. Candidato di Ľs-Hzds, è come Šefčovič paladino della tutela della famiglia tradizionale.
Medesima posizione congiunta a marcata omofobia quella del 41enne Marian Kotleba, leader del partito d’estrema destra Lsns (che nel 2016 ha ottenuto i primi seggi in Parlamento) e presidente della regione di Banská Bystrica fino al 2017. Noto per aver sfilato coi sodali di partito in uniforme neo-nazista, Kotleba è stato indagato per incitamento all’odio. Oltre alle violente campagne contro i rom e contro l’accoglienza dei migranti, visti quale minaccia ai valori cristiani della Slovacchia e fonte d’imbastardimento della cultura locale, Kotleba è un nostalgico del regime di Jozef Tiso.
L’unico candidato della minoranza ungherese (8,5% della popolazione slovacca) è Béla Bugár, leader del partito Most-Híd, facente parte dell’attuale coalizione di governo.
Parlamentare da 27 anni e amante del giardinaggio, il 60enne Bugár, soprannominato il “George Clooney della politica slovacca“, è europeista e a favore della Nato. In materia di diritti civili è contrario alle unioni civili tra persone dello stesso sesso (anche se nel 2014 fu tra i 18 parlamentari che votarono contro l’emendamento costituzionale per il divieto del matrimonio egualitario) e all’adozione di bambini da parte di coppie di persone dello stesso sesso. È noto inoltre per le sue battaglie contro la legalizzazione dell’eutanasia mentre circa l’aborto ritiene che si tratti di materia esulante dalle competenze del legislatore.