Il 5 aprile 2019, per la prima volta nella storia armena, una donna transgender ha preso la parola nel Parlamento dell’ex Repubblica sovietica, dove i rapporti tra persone dello stesso sesso sono stati depenalizzati solo nel 2003 ma la situazione per le persone Lgbti resta critica. Secondo una classifica di Ilga-Europe, l’Armenia è al 2° posto per aperta violazione dei diritti delle stesse.
Fondatrice e presidente dell’ong Right Side, istituita nel 2016 a tutela e promozione dei diritti della collettività transgender, Lilit Martirosyan ha pronunciato un veemente discorso di denuncia nel corso d’un’audizione alla Commissione parlamentare per i diritti umani.
«Chiedo di vedermi come una figura collettiva – ha dichiarato l’attivista -. In me stessa comprendo la persona torturata, stuprata, rapita, vessata, disoccupata, povera e moralmente abbandonata. In me stessa comprendo l’immagine transgender armena».
Ma il suo discorso, mentre è stato applaudito da attivisti e attiviste per i diritti umani, ha sollevato un’ondata di reazioni negative nello Stato eurasiatico, dove si sono susseguite senza sosta le minacce di morte a Lilit e a componenti di Right Side. Anzi, come denunciato alla Thomas Reuters Foundation dalla stessa donna, sarebbe stato fatto circolare online il suo indirizzo.
Non è mancata un manifestazione di protesta contro i diritti delle persone Lgbti davanti alla sede del Parlamento, cui hanno preso parte oltre 100 persone, compresi esponenti di gruppi nazionalisti e conservatori nonché personalità religiose.
In realtà non pochi attivisti e attiviste erano fiduciosi che l’omotransfobia, profondamente radicata nel Paese, avrebbe conosciuto un ridimensionamento dopo lo spodestamento del presidente della Repubblica nonché primo ministro Serž Azati Sargsyan, cui i gruppi Lgbti avevano contribuito sostenendo la cosiddetta Rivoluzione di velluto di Nikol Pashinyan nell’aprile 2018. In quel periodo si erano infatti registrati segnali di maggiore apertura e rispetto. Il tutto però terminato con la fine della rivolta bianca nel maggio successivo.
A meno di un mese dalla nomina dello stesso Pashinyan alla carica di primo ministro ad interim, un gruppo di 30 persone ha attaccato nove attivisti per i diritti Lgbti nel villaggio meridionale di Shurnukh. Peggiore ovviamente la situazione delle persone transgender
“L’anno scorso – ha denunciato Lilit – la casa d’una donna trans è stata incendiata, mentre a un’altra è stata tagliata la gola. Lo scorso anno si sono avuti 283 casi di aggressioni a persone trans. E non so che cosa sia peggio: un tale numero oppure il fatto che solo una minima parte d’essi sono registrati dalla polizia e dagli altri corpi competenti”.
Anche se prima delle elezioni del dicembre scorso deputati di Armenia Prospera e del Partito Repubblicano d’Armenia (HHK) non sono riusciti a far approvare leggi anti-Lgbt, le associazioni Lgbti puntano il dito contro l’attuale coalizione di governo (guidata dal vincente Nikol Pashinyan), che conta adesso in Parlamento persone battutesi per i diritti umani e divenute silenziose sul tema una volta elette.
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