Il 24 maggio è giunta dal ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale la risposta scritta all’interrogazione parlamentare (4-02653) che Ivan Scalfarotto, Alessandro Zan, Lia Quartapelle e Piero Fassino (Pd) nonché Laura Boldrini (LeU) avevano presentato il 3 aprile sulla detenzione della giovane attivista trans egiziana Malak al-Kashif in un carcere maschile con inevitabile rischio di torture e stupri.
La situazione drammatica della 19enne di Giza era stata correlata dagli interroganti alla generale «condizione delle persone Lgbti in Egitto», che, secondo media internazionali e organismi umanitari, «registra un progressivo peggioramento a partire dal 2017 quando un giovane fu un arrestato nel corso del concerto di una band libanese, dopo aver sventolato una bandiera arcobaleno. In tale occasione, all’epoca, si registrò una vasta campagna di repressione contro persone sospettate di essere omosessuali.
Nonostante si rilevi il fatto che in Egitto i rapporti omosessuali non siano formalmente vietati dal Codice penale, un articolo della legge anti-prostituzione, varata oltre mezzo secolo fa, commina da tre a cinque anni di reclusione a chi “incita alla dissolutezza e all’immoralità”, determina nei fatti una normativa ambigua che consente di fatto il perseguimento giuridico delle persone Lgbti».
Da qui la richiesta al titolare della Farnesina per sapere «quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in campo al fine di ristabilire una condizione di sicurezza a Malak al-Kashif e quali iniziative intenda intraprendere per seguire con attenzione gli sviluppi della situazione» nonché quali altre, più in generale, «intenda intraprendere in sede di Unione Europea affinché l’Unione si faccia parte attiva nel garantire la piena tutela dei diritti dei cittadini e delle cittadine omosessuali in Egitto».
Nella risposta del ministero si legge: «Il caso dell’attivista egiziana Malak Al Kashif viene seguito dall’Italia attraverso l’Ambasciata al Cairo, la quale partecipa attivamente al coordinamento in loco con gli altri Paesi UE e con alcuni Paesi “like- minded” in materia di diritti umani.
Sebbene alla data odierna non risultino ancora chiare le circostanze dettagliate dell’arresto di Al Kashif, gli elementi finora acquisiti indicano che questa è stata posta in stato di arresto nei giorni successivi al tragico incidente ferroviario occorso presso la stazione di Ramses del Cairo il 27 febbraio scorso».
Dal testo della Farnesina si apprendono a questo punto elementi nuovi: «A seguito delle proteste innescate dall’incidente, le Autorità egiziane hanno proceduto al fermo di alcune persone tra cui l’interessata, la quale attualmente risulta essere sottoposta a misura detentiva in isolamento nel carcere maschile di Tora. Pur restando ancora da appurare le accuse mosse nei confronti di AI Kashif, il 19 maggio scorso la Procura per la Sicurezza dello Stato – che ha giurisdizione sui reati più gravi – ha prorogato di ulteriori 15 giorni la sua custodia cautelare».
Dopo aver illustrato genericamente le azioni del Governo «per la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Egitto, incluse le condizioni dei componenti della comunità LGBTI», viene affermato: «Con riferimento alla specifica situazione dei cittadini e delle cittadine omosessuali in Egitto, l’Italia monitora attentamente l’eventuale approvazione da parte del Parlamento di un disegno di legge che per la prima volta criminalizzerebbe espressamente l’omosessualità. Laddove la bozza di legge dovesse proseguire il suo iter parlamentare, si tratterà di intraprendere un’opera di sensibilizzazione nei confronti delle Autorità egiziane, analogamente a quanto già fatto in passato.
L’Italia continuerà a seguire attentamente il caso di Malak Al Kashif attraverso la propria partecipazione attiva al coordinamento, comunitario e non, al Cairo in materia di diritti umani, anche con riferimento alle condizioni detentive e alle esigenze di assistenza medica dell’attivista».
Raggiunto telefonicamente da Gaynews, Ivan Scalfarotto ha così commentato la risposta della Farnesina: «Apprezzo l’impegno, ma purtroppo l’angoscia e la preoccupazione per le condizioni di Malak – che è detenuta ormai da fine febbraio – non diminuisce. Spero che l’azione promessa dal Governo si tramuti in un’azione più concreta e stringente di quanto le parole – che davvero suonano davvero un po’ generiche e di circostanza – dello stesso lascino presagire».
Anche perché, benché la proroga di custodia cautelare sia scaduta il 3 giugno, Malak continua a essere detenuta nel famigerato carcere di Tora che, noto come Lo Scorpione, è da tempo indicato da organizzazioni umanitarie come luogo di torture e abusi.