Uscirà a giorni il documento politico del Catania Pride, che avrà luogo il 29 giugno. Diffuso, invece, già da settimane il “non documento politico” che, curato dalle storiche associazioni locali Arcigay Catania e Open Mind, reca il titolo Dalla memoria in poi.
Un non documento politico, perché è innanzitutto una riflessione storica sulle origini del movimento contemporaneo di liberazione Lgbti a partire dalle figure di Sylvia Rivera, Marsha P Johnson, Stormé DeLarverie (protagoniste di quei moti di Stonewall, di cui ricorrerà, dal 28 al 30 giugno, il 50° anniversario) e sul progresso dei Pride catanesi dal 1993 ai nostri giorni.
Ma anche perché il documento non è rivolto a rappresentanti della classe politica e istituzionale ma a tutte e tutti i componenti della società civile «perché l’orgoglio e la dignità non appartengono solo a noi ma a tutte e tutti voi, raccogliamo e raccogliete il grido di Stormè perché insieme si può».
Motivo per cui non si chiede nulla alle istituzioni mentre si domanda a tutte e a tutti di «fare qualcosa. Uniamoci tutte e tutti, unitevi a noi, unitevi ai nostri Pride perché l’orgoglio e la dignità non appartengono solo a noi ma a tutte e tutti voi, raccogliamo e raccogliete il grido di Stormè perché insieme SI PUÒ».
Eccone il testo integrale:
PERCHÉ NON FATE QUALCOSA?
“IL RICORDO È IL TESSUTO DELL’IDENTITÀ” e Mandela, da eccellente combattente, sapeva benissimo che proprio sulla identità si fondano e innestano lotte e battaglie, ma non solo identità, soprattutto MEMORIA senza la quale non si può comprendere il presente e costruire il futuro.
L’identità ci dice chi siamo, la memoria segna il percorso e la meta, identità e memoria sono la base delle nostre battaglie e la nostra strategia.
La nostra identità porta i nomi delle protagoniste dei moti di Stonewall dei quali ricorre quest’anno il 50mo anniversario: Stormé DeLarverie, Sylvia Rivera e Marsha Johnson, di tutte le persone omosessuali femmine, maschi, transessuali e bisessuali, persone di colore, drag queen e king.
“The Fist Pride was a Riot”, il primo Pride fu una rivolta, quella notte, infatti, una coraggiosa donna lesbica e di colore, Stormé DeLarverie, fu colpita alla testa con una mazza da baseball e ammanettata; la testa le sanguinava, quando si voltò sfacciatamente verso la folla e gridò:
PERCHÉ NON FATE QUALCOSA?
La comunità LGBT comprese, in quella occasione, che, per resistere ai soprusi della polizia e della società, doveva organizzarsi, diventando cioè “movimento” politico”, rivendicativo e di lotta.
Esattamente un anno dopo, il 28 giugno 1970, ebbe luogo la prima parata del Pride, era più di una dimostrazione politica, era l’inizio del Movimento LGBT.
Stormé DeLarverie, nata da madre afro-americana e padre bianco negli anni ’20, si esibiva come drak king e fu una delle numerose lesbiche che combatterono contro la polizia nelle notti delle rivolte. Quando Stormé lanciò il primo pugno, quella notte, fu per legittima difesa. “Il poliziotto mi ha colpita e io l’ho colpito a mia volta”, ha raccontato Stormé.
“Il nome Stormé DeLarverie potrebbe non far suonare un campanello, ma dovrebbe. Alcuni l’hanno definita la “Rosa Parks della comunità gay” – After Ellen
Stormé DeLarverie ha servito la comunità lesbica per decenni come volontaria nelle pattuglie di strada. Ha pattugliato i bar lesbici per tenere al sicuro ciò che lei chiamava amorevolmente le sue “bambine”. Era androgina, alta, scura, bella e legalmente armata. Ha fatto tutto questo fino a quando aveva 80 anni o giù di lì, ritirandosi nei primi anni 2000.
Sylvia Rivera di origini portoricane venezuelane e persona transgender, all’età di 11 anni Sylvia, rifiutata dalla nonna (il padre l’abbandonò appena nata e la madre in seguito morta suicida) inizia a vivere in strada ed entra in contatto con la comunità di Drag queen della sua città.
L’altra protagonista dei moti di Stonewall Marsha P. Johnson, nata come Malcolm Michaels: sua madre le disse che essere omosessuali equivaleva a essere peggio di un cane, inizialmente utilizzava il nome di “Black Marsha, in seguito decise di farsi chiamare “Marsha P. Johnson, disse che la P stava per “pay it no mind” (non farci caso) e usava la frase sarcasticamente quando le facevano domande riguardo al suo genere, si identificava variabilmente come gay, come travestito e come “queen” (riferendosi al termine drag queen); diventata un’attivista per la prevenzione dell’AIDS, Johnson apparve nello stesso anno anche nella produzione delle Hot Peaches The Heat, cantando la canzone Love mentre indossava una spilla dell’organizzazione ACT UP con la scritta “Silence = Death” (Silenzio = Morte).
Sylvia Rivera e Marsha Johnson fondano lo STAR (Street Transvestite Action Revolutionaries), un gruppo dedicato ad assistere ed aiutare le persone Trans di strada senzatetto.
In sintesi questa è l’alba del Pride e le persone cui dobbiamo la nascita del Movimento di Liberazione Sessuale, breve sintesi che abbiamo voluto raccontare per NON DIMENTICARE chi ringraziare per questi primi 50 Anni: donne, lesbiche, persone di colore, persone transgender, drag queen e king, persone cioè che vivevano la loro vita assolutamente emarginate.
In Italia, nel 1972, la prima protesta a Sanremo contro il Congresso di Psichiatria che definiva l’omosessualità una malattia, antesignano delle teorie riparative e del tristissimo recente congresso di Verona.
Da qui trae origine il FUORI Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano e figure come Mario Mieli alle quali dobbiamo moltissimo.
A Catania la prima versione del Pride appare nel 1993 in Piazza Teatro Massimo dove l’appena nato circolo Arcigay Pegaso volle ricordare la figura di Antonio Mescia, da poco deceduto vittima dell’AIDS, e successivamente nel 1994 partecipò attivamente al primo Pride Nazionale di Roma.
Ma la storia dei Pride catanesi, dopo quel breve esordio embrionale, ha effettivamente origine dal lavoro di Open Mind, associazione antagonista e alternativa che ne cura l’organizzazione e realizzazione ininterrottamente dal 2000 al 2006 per poi collaborare con Arcigay relativamente a quelli successivi 2007 e 2008.
E visto che qui si parla di Storia, la nostra Storia, le nostre Lotte, occorre ed è doveroso, quindi, ricordare e onorare la strada tracciata da Open Mind cui va riconosciuto il merito del Pride a Catania.
Quest’anno ci troviamo a ricordare ben tre anniversari per noi molto significativi. I 50 anni dei moti di Stonewall, i 25 del primo Pride Nazionale e i 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci, genio universale, omosessuale, che nella celeberrima Gioconda volle superare il gender raffigurando una figura non definibile.
Al riguardo, se è vero come è vero che il sesso ha oggettivamente solo due generi, è altrettanto vero che esistono numerosi modi di essere e sentirsi femmina o maschio, tutti liberamente declinabili secondo la propria natura e scelta di essere.
Cosa potremmo e dovremmo rivendicare nel contesto storico-politico attuale e nel quadro di questa cornice celebrativa di queste ricorrenze?
Potremmo chiedere libertà, autodeterminazione, dignità e piena parità ex art.3 della Carta Costituzionale, il matrimonio egualitario, strutture ricettive, la tutela della salute delle/i cittadine/i, la chiusura di Casa Pound e di tutti i covi fascisti, potremmo chiedere la fine dello sfruttamento dei corpi agito dal sistema capitalistico non più industriale ma finanziario attraverso l’odioso strumento del debito privato e dei popoli, potremmo più semplicemente e globalmente chiedere vogliamo tutto, ma ogni richiesta ha sempre un richiedente e un soggetto destinatario della medesima.
A ogni Pride chiediamo sempre, tutto l’anno chiediamo sempre, ma il problema non è solo cosa chiedere ma a chi chiedere?
Ovviamente queste richieste e molte altre ancora vanno indirizzate solo e soltanto a chi ci governa ed a chi ci rappresenta, unici soggetti facultati ad accoglierle, ma sappiamo benissimo tutte e tutti che questi soggetti sono spesso sordi nel migliore dei casi, troppo impegnati nella conservazione e gestione del potere, quando non ancora ostili come stiamo vedendo nei mari, nei porti, nelle scuole, nelle piazze, nelle famiglie.
Allora a codesti soggetti, quest’anno,
NON VOGLIAMO CHIEDERE NULLA
Perché come detto in un lontano Pride unitario con Open Mind: “non vogliamo distrubare il conducente”.
Ma è a Voi donne, uomini, madri, padri, figlie e figli, sorelle e fratelli, mogli e mariti, compagne e compagni, persone di etnie diverse, migranti, disoccupate/i, lavoratrici e lavoratori, ragazze e ragazzi, lesbiche, gay, transessuali, persone HIV+, persone della quotidianità, famiglie tutte, è a Voi che assisterete e parteciperete nelle piazze, nelle strade, da casa vostra e ovunque siate che chiediamo:
PERCHE’ NON FATE QUALCOSA?
Uniamoci tutte e tutti, unitevi a noi, unitevi ai nostri Pride perché l’orgoglio e la dignità non appartengono solo a noi ma a tutte e tutti voi, raccogliamo e raccogliete il grido di Stormè perché insieme SI PUÒ,
La strada è stata tracciata, il percorso definito, ed hanno i nomi di Stormè, Sylvia, Marsha, loro ci hanno detto cosa fare e cosa chiedere e ce lo hanno detto raccontandoci chi erano: donne, uomini, gente di colore, omosessuali, lesbiche, transessuali, persone HIV+, emarginati, ecco chi ci guida.
E vogliamo concludere con Mario Mieli: La parola d’ordine è A MARE: buttiamo A MARE la macchina del patriarcato sessista, omofobo, eteronormante e riprendiamoci il mondo:
Questo è il messaggio che vogliamo lanciare in questo 50simo anniversario di Stonewall, questo è il miglior modo di vivere questa ricorrenza e proseguirla perché il 28 giugno 1969 non fu che un debutto.