Un Roma Pride straordinario quello di sabato 8 giugno. Non solo per la massiccia partecipazione (700.000 persone secondo la stima degli organizzatori) ma anche per la presenza, in qualità di madrina, di una delle figure più significative della collettività Lgbti italiana e del transfemminismo europeo: Porpora Marcasciano.
Il suo discorso al termine del Roma Pride ha emozionato e scosso soprattutto per il riconoscimento, dato attraverso di lei, all’intero mondo trans, cui lo stesso movimento, come rilevato il 31 maggio dal sindaco di New York Bill De Blasio, ha a lungo «voltato le spalle».
Eccone il testo integrale:
Essere madrina del Roma Pride ed esserlo nel 50° anniversario della rivolta di Stonewall è per me un onore, è un grande riconoscimento non solo alla mia persona e al Mit, l’associazione di cui da sempre faccio parte, ma alla comunità Trans in generale. Questo riconoscimento ha un altissimo valore simbolico e politico perché restituisce al mondo Trans il suo ruolo essenziale nella storia della liberazione, riconoscendo quel faticoso percorso fatto di lotte, emancipazione, fatica e visibilità, tanta fondamentale visibilità che ha aperto varchi e costruito la nostra realtà. Lungo questi 50 anni siamo state spesso estromesse, emarginate, disconosciute. Non ci è stata data la parola perché il registro narrativo, gestito e incarnato da gruppi associazioni singoli – prevalentemente omosessuali maschi occidentali -, non lo prevedeva e forse neanche lo prendeva in considerazione. È successo in tutto il mondo e anche in Italia. Ne è stata testimone la stessa Sylvia Rivera che pagò caro il prezzo della sua ribellione a quel predominio. La presa di parola trans è fondamentale per tutto il movimento e i movimenti, perché scardina l’impalcatura identitaria, il sistema di potere, il presupposto stesso del pregiudizio e del fascismo. Ebbene la nostra presa di parola, la nostra Favolosa narrazione passa dal Roma Pride che ha saputo e voluto riconoscere le sue fondamenta e quelle di tutto il movimento, riportando al centro la questione Trans. Noi Trans la parola ce la siamo ripresa senza però discostarla o slegarla da un terreno comune di lotta. La nostra lotta la intrecciamo con altre istanze quali la povertà, la violenza, le migrazioni, la malattia sforzandoci di declinarle con le categorie di classe, razza, cultura rendendole trasversali alla nostra felicità imprescindibile da quella di tutta l’umanità.
Oggi ci ritroviamo in un paese evidentemente confuso, a noi estraneo che sembra aver smarrito principi e valori di libertà, democrazia, uguaglianza, dove fascismi e fondamentalismi sono tornati a far sentire la loro triste presenza. Non è solo la realtà Italiana ma mondiale che ci inquieta obbligandoci ad essere (e tornare a essere) vigili, coscienti, coerenti con il nostro percorso libertario. Abbiamo l’obbligo di rispondere agli attacchi fascisti e fondamentalisti, ce lo chiede la storia, ce lo suggerisce la coscienza. A questo punto, bisogna però, riconoscere i limiti e gli errori che hanno portato il nostro movimento a essere passivo, insignificante nel panorama politico e socio culturale.
Ricordiamo che si è tanto più forti quanto più si è coscienti e conoscenti della propria storia e metterla a valore non può che darci forza. Ci sono pride oggi le cui priorità restano i carri, il servizio d’ordine, gli sponsor e i patrocini (chiesti anche a istituzioni fasciste) a scapito del nostro orgoglio. Negli anni siamo stati asserviti ai partiti e non abbiamo fatto si che fossero loro al nostro servizio. Tornare ad essere soggetti politici militanti attenti severi intelligenti, non furbi, resta a mio avviso, condizione necessaria per avanzare e, aggiungo, avanzare con le proprie differenze in un percorso di orgoglio comune. Uscire dalle logiche di potere, dagli orticelli d’interesse per ricostruire quel senso di liberazione che ci ha sempre caratterizzate/i. La coscienza di sè, la grande responsabilità che abbiamo potrà farci superare l’empasse in cui siamo stati costretti e aprire nuovi favolosi orizzonti. A Verona il 30 Marzo scorso abbiamo costruito una manifestazione enorme con Non una di meno, una risposta favolosa alle destre più intransigenti che vorrebbero sottrarci la vita, una manifestazione trasversale, intersezionale che ha riempito quel vuoto che tutte percepiamo. Quello è il Pride che ci piace e vorremmo costruire da qui in poi. Nel 50° anniversario di Stonewall permettetemi di ricordare tre storiche figure che mi hanno preceduta su questo palco: La Marcellona, la Karl du Pignè e Sylvia Rivera che ci incoraggiano a ribadire che l’esperienza TRANS resta fondamentale e imprescindibile nel percorso di liberazione. Buon Pride.