Il 16 luglio è stato celebrato, presso il Palazzo dei Matrimoni di San Francesco di Paola a L’Avana, il primo matrimonio tra due persone transgender sull’isola caraibica.
Notizia presentata dai media cubani come emblematica dei cambiamenti socio-culturali in atto sull’isola, dopo decenni di discriminazioni ai danni delle minoranze Lgbti. Tuttavia, Ramces e Dunia hanno dovuto registrare le loro nozze sulla base dei rispettivi nominativi anagrafici, corrispondenti dunque al loro sesso biologico e non all’identità di genere.
Un loro precedente tentativo di sposarsi era stato, in ogni caso, negato dalle autorità. Ma questa volta hanno superato alcuni ostacoli giuridici grazie all’assistenza del Centro nazionale di educazione sessuale (Cenesex), diretto da Mariela Castro Espín, figlia dell’ex presidente Raúl.
Grazie all’intervento del Cenesex Ramces e Dunia hanno potuto comunque indossare gli abiti nuziali corrispondenti al rispettivo genere elettivo.
Entrambi sono in attesa dell’intervento di riassegnazione chirurgica del sesso, che sarà loro garantito gratuitamente dal servizio sanitario pubblico.
Come noto, a Cuba è in atto un progressivo avanzamento della promozione e tutela dei diritti persone Lgbti. Se è vero che la nuova Costituzione approvata il 24 febbraio non contempla il matrimonio egualitario, ne spiana comunque la strada.
L’art. 82, infatti, senza definire i soggetti del contratto nuziale (indicati invece quale «uomo e donna» nella Costituzione del 1976), recita: «Il matrimonio è un’istituzione sociale e giuridica. È una delle forme di organizzazione delle famiglie. Si fonda sul libero consenso e sulla parità di diritti, obblighi e capacità legale dei coniugi. La legge determina la forma in cui si costituisce e i suoi effetti.
Si riconosce inoltre l’unione stabile e singolare con validità legale, formante di fatto un progetto di vita in comune, che, sotto le condizioni e circostanze indicate dalla legge, genera i diritti e gli obblighi che questa prevede».