Vincenzo Branà, presidente del Cassero Lgbti Center di Bologna e consigliere nazionale d’Arcigay, ha presentato una querela in Questura denunciando di aver ricevuto una telefonata anonima (anche se l’autore non si è preoccupato di nascondere il numero da cui chiamava), poco dopo le 22:00 del 1° luglio. Una chiamata piena di insulti omofobi con riferimenti alla vicenda dei presunti affidi illeciti nel Comune di Bibbiano, al centro dell’inchiesta Angeli e demoni condotta dalla procura di Reggio Emilia.
«Cosa state coprendo a Reggio Emilia, brutte merde? Togliete i figli per darli ai gay! Dimmi dove sei frocio bastardo che vengo a tagliarti la gola. Ti ammazzo, frocio di merda». Queste, fra l’altro, alcune delle parole che gli avrebbe urlato l’interlocutore nei 120 secondi di telefonata secondo quanto ieri riportato dallo stesso Branà su Facebook.
Il presidente del Cassero ha spiegato di aver deciso di renderla pubblica solo a distanza di giorni «perché ciò che quella sera mi era parso essere un fatto isolato, al quale non bisognava dare visibilità, oggi, alla luce di quanto è successo negli ultimi venti giorni, mi pare tutt’altra cosa». Per Branà «la strumentalizzazione della vicenda degli affidi di Bibbiano, le cui indagini hanno prodotto già due clamorose smentite, si sta rivelando essere una strategia precisa, molto simile al terrorismo, che tiene assieme Governo, estrema destra, gruppi pro-vita, stampa becera e che ha dei precisi obiettivi. Uno di questi è senza dubbio la comunità Lgbti, che i partiti di destra chiedono di schedare e controllare».
La vicenda dei presunti affidi illeciti in Val d’Enza «non va sottovalutata, ma non va nemmeno strumentalizzata. E soprattutto va indagata, tenendo al sicuro i bambini dalla follia degli adulti, quelli coinvolti e quelli che usano le loro storie per fini politici».
In Emilia-Romagna, soprattutto, l’inchiesta Angeli e demoni «viene usata – secondo Branà – per colpire la legge contro l’omotransfobia usando ogni mezzo. Compreso quello dell’intimidazione della sua relatrice, la consigliera Roberta Mori, che ieri si è ritrovata uno striscione di Forza Nuova all’arrivo sul posto di lavoro e alla quale va tutto il mio sostegno e la mia solidarietà.
La mia domanda è: ci rendiamo conto tutt* di quanto grave è quello che sta succedendo? Riusciamo a cogliere il legame stretto tra gli striscioni, le minacce, le dichiarazioni del vicepremier, le sentinelle in piedi, la campagna mediatica e tutto quello che ancora verrà?
Personalmente non mi sento in pericolo per quella telefonata. Sento però che siamo tutt* in pericolo, un pericolo molto serio, per quello che sta succedendo».
Molti gli attestati di solidarietà sulla bacheca di Vincenzo Branà a partire da quelli del mondo Lgbti e dalla stessa consigliera regionale Roberta Mori che ha scritto: «Sono colpita da tanta inutile violenza nutrita dall’odio e dal pregiudizio. Non ci fermiamo. Le battaglie giuste hanno spesso costi molto alti».
L’assessore alla Cultura del Comune di Bologna, Matteo Lepore, ha invece commentato: «Solidarietà. Impressiona la capacità di creare mostri e appiccare incendi. Denunciare e non farsi intimidire è l’unica strada, il che richiede anche e soprattutto coraggio. La riposta deve essere collettiva, perché giocano ad impaurire e zittire».
Sulle intimidazioni alla consigliera Roberta Mori è invece intervenuta, sempre nella giornata di ieri, la senatrice Monica Cirinnà, che in lungo post su Facebook ha scritto: «Mercoledì arriverà in Aula, all’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna, il testo della legge regionale contro l’omotransfobia. Un lavoro durato anni che, come spesso accade, ha purtroppo subito il peso di compromessi e pressioni, che hanno avuto l’unico scopo di indebolire la maggioranza che sostiene la legge, inserendo in essa norme del tutto estranee al suo contenuto e ai suoi obiettivi: nonostante questo, è un testo importante e atteso, e sono convinta che mantenga il suo valore.
La relatrice Roberta Mori, da qualche giorno, è vittima di attacchi vergognosi e ignobili, che la associano a vicende a lei del tutto estranee e sulle quali è la magistratura – e solo la magistratura, come è proprio di uno stato di diritto – a dover parlare. A Roberta, una donna tenace e onesta, che ha svolto il suo lavoro con grande passione, va tutta la mia solidarietà personale e politica. Tieni duro, cara Roberta: so cosa vuol dire essere attaccate strumentalmente e in malafede per aver fatto solo il proprio dovere di donne libere e innamorate dell’eguaglianza e della giustizia. Buon lavoro!».