Da L’Avvenire si apprende oggi che don Davide Imeneo, direttore dell’Ufficio delle Comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova e direttore de L’Avvenire di Calabria, ha ricevuto una lettera minatoria (a firma di un’inesistente Riscossa Arcobaleno) dal contenuto inequivocabile: «Tua madre doveva abortirti, ti abortiremo noi prete di merda».
Stando al quotidiano della Cei, alla base della missiva, circa la quale il sacerdote 33enne ha sporto giustamente regolare denuncia, ci sarebbe il disappunto per l’articolo pubblicato il 29 luglio su L’Avvenire di Calabria, col titolo Caro Falcomatà, basta doppia morale sui diritti.
Un articolo, come specificato oggi sul quotidiano diretto da Marco Tarquinio, «indirizzato al sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà del Pd, che due giorni prima, in occasione della sua presenza al Gay Pride locale, aveva postato sul suo profilo facebook delle considerazioni sull’iniziativa citando espressamente un frase di don Italo Calabrò, ‘padre’ della Caritas diocesana reggina. Quel ‘nessuno escluso’, che don Calabrò utilizzava riferendosi agli emarginati. Partendo da questo spunto, quindi, la redazione de L’Avvenire di Calabria voleva aprire un dialogo pubblico con Falcomatà sui diritti negati a Reggio Calabria».
Il 30 luglio, sempre stando al racconto di Avvenire, «gran parte dei giornali locali aveva ripreso la nota senza tradirne il significato autentico», anche in considerazione del fatto che «nell’articolo non vi era nessuna frase discriminatoria verso le persone omosessuali, né sugli organizzatori del gay pride reggino. Tutti tranne l’unica testata online nazionale che si è interessata al caso, il portale di riferimento della comunità Lgbt Gaynews.it che, oltre ad omettere alcune parti dell’articolo, ha voluto attaccare direttamente uno degli autori dello stesso, ossia don Davide Imeneo. Così, quello che voleva essere un approccio dialogico sui problemi di un territorio, è passato al tritacarne dei social network con centinaia di condivisioni e commenti recanti gravi offese personali al sacerdote, reo di aver comunicato un pensiero, nella sua funzione di giornalista e portavoce dell’arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova».
Ora, nel rigraziare l’autorevole quotidiano della Cei per la riconosciuta importanza data al nostro giornale, ci preme chiarificare alcuni punti di tale narrazione non senza aver prima espresso solidarietà a don Davide Imeneo per le minacce di morte ricevute e ferma condanna dell’accaduto insieme coi commenti offensivi via social.
In primo luogo il nostro articolo non ha affatto attaccato direttamente il direttore dell’Ufficio diocesano delle Comunicazioni sociali ma gli ha semplicemente attribuito – come d’altra parte lo stesso Avvenire riconosce quale «portavoce dell’arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova» – la paternità del testo pubblicato il 29 luglio sul giornale da lui diretto. Cosa che, d’altra parte, ha fatto la stessa agenzia Ansa, il 30 luglio, che, parlando di nota e non di articolo, ha riportato ampi stralci dello stesso testo sotto il nome unico di don Davide Imeneo.
Se poi di esso Gaynews ha riportato alcuni passaggi significativi (a differenza dei giornali locali), questo non significa affatto aver compiuto omissione colpevole ma semplicemente agire secondo una propria indipendenza valutativa e non fare da cassa di risonanza all’arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova.
Nell’articolo di Gaynews non c’è nessuna distorsione del contenuto del testo in questione perché non sono state effettuate valutazioni di sorta, se non una necessaria spiegazione (questa sì necessaria, vista l’erronea denominazione data da Imeneo/Avvenire di Calabria) che il Bus delle Famiglie è in realtà il Bus No Gender.
Circa la presunta assenza di frasi discriminatorie nelle domande a Falcomatà, si vede che Federico Minniti (autore dell’articolo odierno su Avvenire) ignora il significato sotteso alla parola discriminazione dal momento – e cito – che presenta come «posizioni più progressive dei soggetti promotori che sfilavano accanto a lei» (e, quindi, inaccettabili dato il contesto) «l’adozione e l’affido dei figli alle coppie omosessuali».
Distorsiva è invece (e per nulla «in netta contrapposizione con la rilettura fornita da Gaynews.it», che in realtà è stata mera narrazione della vicenda) la valutazione che si è data delle dimissioni di 5 consiglieri di Arcigay Reggio Calabria I Due Mari nella serata del 1° agosto, la quale, per chi conosce certe dinamiche associative, è unicamente da ricondursi a tensioni interne al comitato e, dunque, del tutto antecedenti il Pride.