In un crescendo parossistico di toni continua la crociata polacca anti-Lgbti, combattuta in comune intesa dalla Chiesa cattolica e dal partito al potere Prawo i Sprawiedliwość (Diritto e Giustizia). Il tutto in vista delle elezioni parlamentari che, come ufficializzato ieri da Błażej Henryk Spychalski, portavoce del presidente Andrzej Duda, avranno luogo il 13 ottobre.
Terreno di scontro immediato i Pride, di cui quello passato di Byałistok (20 luglio) e quello futuro di Płock (10 agosto) costituiscono l’inizio e il termine (al momento) dell’ultima offensiva episcopale a quanto, sulla scorta delle dichiarazioni del leader del PiS Jarosław Aleksander Kaczyński, è espressione della «vera minaccia per la nostra identità, per la nostra nazione».
Pride sotto minaccia
Per quanto il Pride di Płock non abbia avuto ancora luogo può essere accomunato all’altro del 20 luglio da due elementi fondanti: gli attacchi dei rispettivi vescovi alle locali marce dell’orgoglio Lgbti e le minacce di gruppi ultranazionalisti di destra, che, nel caso di Białystok, si sono poi concretate nelle ben note aggressioni ai manifestanti.
Anche nel caso del Pride di Płock sussistono tali timori alla luce di quanto riportato sulla pagina dell’evento pubblico (poi rimossa) Blokujemy paradę „Równości” w Płocku (Blocchiamo la marcia dell’uguaglianza a Płock). Contromanifestazione che, come annunciato, si terrà in concomitanza col Pride.
L’arcivescovo di Cracovia in lotta contro la peste arcobaleno
Nel mezzo degli interventi dell’arcivescovo di Białystok, Tadeusz Wojda (19 luglio), e del vescovo ausiliare di Płock, Mirosław Milewski (4 agosto), è venuta a cadere l’omelia pronunciata, il 1° agosto, dall’arcivescovo di Cracovia, Marek Jędraszewski, divenuta celebre per il passaggio contro l’«ideologia Lgbti» definita «peste arcobaleno», minaccia alla stabilità dell’identità nazionale e del modello tradizionale di famiglia.
«La peste rossa non serpeggia più sulla nostra terra – ha dichiarato il presule – ma ne è emersa una nuova, neo-marxista, che vuole impadronirsi di anime, cuori e spiriti. Una peste che non è rossa ma arcobaleno».
Le parole di Jędraszewski hanno suscitato forti reazioni nel clero locale e una duro j’accuse da parte del gesuita James Martin, consultore del Dicastero vaticano per la Comunicazione.
The Archbishop of Krakow, on the anniversary of the Warsaw uprising, has compared “LGBTI ideology” to fascism and Bolshevism, calling it a “rainbow disease.” Such language, such incendiary comparisons, only promote hatred and violence against LGBTQ people.https://t.co/mouYLH5Qqw
— James Martin, SJ (@JamesMartinSJ) August 5, 2019
Decine di persone hanno protestato, il 2 e il 4 agosto, nei pressi del Palazzo arcivescovile di Cracovia, mentre un’altra manifestazione popolare ha avuto oggi luogo davanti alla sede della Nunziatura Apostolica a Varsavia per chiedere le dimissioni di Jędraszewski.
Ma a sostegno dell’arcivescovo si è schierata Gazeta Polska, che ha invitato a partecipare in massa alla manifestazione, organizzata, il 10 agosto, dal gesuita Dariusz Kowalczyk, anche lui convinto che la Polonia sia minacciata dalla «peste arcobaleno».
W związku z atakiem na abpa M. Jędraszewskiego PRZYBĄDŹMY w sobotę 10 VIII o godz. 15.00 pod Krakowską Kurię w miejsce spotkań z JPII. Prośmy Boga o
siłę by obronić Polskę przed “tęczową zarazą”. Okażmy arcybiskupowi nasze poparcie. Zawiadomcie znajomych, roześlijcie emaile.— Dariusz Kowalczyk (@dkowalczyk63) August 5, 2019
Il vescovo di Płock invoca Maria contro le marce immorali
A gettare ulteriore benzina sul fuoco ci ha pensato, il 4 agosto, come accennato, il vescovo ausiliare di Płock, che nel corso di un’omelia a Radzymin in onore della Madonna della Neve, ha tuonato contro «I’ideologia Lgbti» in quanto «dannosa» e «malata», definendo i Pride «marce immorali» e i loro partecipanti «persone senza Dio».
Si è quindi rivolto all’immagine tre volte secolare della Madonna della Neve (recentemente restaurata e riesposta al culto proprio il 4 agosto), toccando così le corde dei fedeli presenti. È infatti noto come la devozione mariana sia stata alimentata a dismisura dai presuli durante il regime sovietico: resta celebre, al riguardo, la consacrazione della Polonia a Maria nel 1966 a Jasna Góra senza poi contare il ruolo di Giovanni Paolo II, il papa del Totus tuus, che avrebbe rinnovato un tale atto nel medesimo luogo il 4 giugno 1979.
Invocando dunque Maria, il 48enne Milewski ha dichiarato: «Maria, salvaci dal demonio che vuole conquistare le menti e le anime dei polacchi, che aiuta la diffusione dell’ideologia malata Lgbt a danno dalla famiglia tradizionale. Maria, salva i giovani: non siano sedotti da slogan alla moda su libertà e tolleranza, che di fatto portano alla schiavitù e alla depravazione“.
Per poi aggiungere: «Salvaci dagli scandali delle persone svestite che, nelle strade delle città polacche, sostengono, in nome dell’uguaglianza di genere, che il sesso può essere scelto o cambiato in qualsiasi momento. Dacci forza quando offuscano i simboli della nostra fede. Salva i nostri cuori dall’odio in modo da poter amare anche quelli che ci odiano vivamente».
L’eurodeputato Biedrón scrive a Bergoglio contro la violenza dell’episcopato polacco
Le parole dell’ausiliare di Płock non sono passate inosservate all’eurodeputato Robert Biedrón, che, per quanto ateo, ha oggi scritto a Papa Francesco, chiedendogli d’intervenire sull’episcopato polacco per bloccare una tale spirale d’odio e violenza verbale.
L’appello di Biedrón si innesta fra l’altro su una lenta ma crescente ondata di malcontento verso la Chiesa cattolica, la cui influenza (accresciutasi negli anni grazie al ruolo che Wojtyła, quale arcivescovo di Cracovia, ebbe durante la guerra fredda e poi, da papa, nell’instaurarsi di un governo democratico in Polonia sì da essere ancora oggi amato quale eroe nazionale) è diminuita rispetto agli splendori degli anni ’90.
Aborto, abusi del clero, violenze contro le persone Lgbti: le cause del lento calo di consensi verso la Chiesa
Il suo prestigio è stato danneggiato dalle polarizzazioni delle battaglie politiche sull’aborto e più recentemente dal documentario di Tomasz e Marek Sekielski Tylko nie mów nikomu (Non dirlo a nessuno). Il tema trattato è uno di quelli incendiari quali sono gli abusi su minori da parte del clero.
Secondo un sondaggio, pubblicato il 1° agosto dall’autorevole Centrum Badanja Opinii Społecznej (Cbos), la percentuale di polacchi che critica la Chiesa ha raggiunto il 39%, mentre coloro che la valutano favorevolmente sono scesi al 53%. In punti di percentuale la differenza è lieve rispetto all’ultima misurazione dell’ottobre 2018. Molto marcata, invece, in relazione a quelle del 2014 e del 2015.
L’indagine Stosunek Polaków do związków homoseksualnych, condotta in aprile, ha invece mostrato come il 54% dei polacchi pensi che l’omosessualità debba essere tollerata, pur considerandola una deviazione dalla norma. Meno di un quarto la ritiene totalmente inaccettabile. Ma bisogna anche rilevare come sia cresciuta di almeno quattro punti rispetto al 2017 la percentuale (60%) di chi è contrario al riconoscimento legale della partnership tra persone dello stesso sesso.
Le recenti violenze durante il Pride di Bialystok ha però creato sconcerto e disappunto tra larghe fasce della popolazione polacca e sensibilizzato al tema delle discriminazioni verso le persone Lgbti. Una riprova è stata offerta dall’ampia partecipazione alle manifestazioni di luglio in 21 città polacche.
La sociologa Agnieszka Kwiatkowska, docente presso l’Università di Scienze sociali e umane (Swps) di Varsavia, ha messo in luce come la violenta posizione anti-gay della Chiesa potrebbe scoraggiare e alienarle i non pochi «credenti moderati. Inoltre scoraggerà i giovani che non hanno posizioni intolleranti verso le persone Lgbti».
Insomma, man mano che la Chiesa perde consensi, la sua retorica polarizzante potrebbe ritorcersele contro: «Tale strategia da fortezza assediata -– ha concluso Kwiatkowska funziona solo finché la fortezza è grande e potente».