Sport, calcio e omosessualità: ne parliamo con Fabio Canino, impegnato in un lungo tour di presentazioni del suo romanzo Le parole che mancano al cuore (Sem, Milano 2019, pp. 244) in tutta la penisola.
Fabio, come nasce l’idea del tuo ultimo libro?
Nasce dopo aver sentito Giovanni Trapattoni dichiarare che nel calcio, e soprattutto in Serie A, non esistono giocatori gay. Chiaramente non è vero. Ma decisi che era giunto il momento di entrare anche nel mondo del calcio scardinando, o per lo meno tentando di scardinare, l’ultimo tabù machista: calcio e omosessualità. La cosa che volevo fosse ben chiara era che si stesse parlando di “Amore”, con la A maiuscola, che rende ancora più forte la storia del libro. Credo, infatti, che l’amore sia l’unico codice di comunicazione che riguarda tutti: anche il più grande omofobo, anche il più grande fascista o razzista credo si sia innamorato almeno una volta nella vita.
Finora l’idea dello sport è stata legata al maschile, in particolare il calcio, che sembra essere il trionfo del machismo e del maschilismo. Non a caso, recentemente, ha suscitato clamore il campionato di calcio femminile con relative polemiche (c’è chi ha detto che le donne calciatrici sono tutte lesbiche). Secondo te come si combatte il maschilismo nello sport?
Per combattere il maschilismo nello sport, per assurdo è importante che le donne siano più presenti. È vero che ultimamente la nazionale femminile ha suscitato polemiche, ma ha anche aperto la mente di tanti che considerano il calcio uno sport solo per uomini. Aprendo alle donne, deve passare il concetto che lo sport non può escludere ma deve per forza includere ogni persona. È passato tanto tempo da Olympia e per questo, nel mio libro, ho voluto usare lo sport come messaggio di inclusione.
Sappiamo bene che, ogni volta che si è parlato di calcio e omosessualità, vari personaggi si sono inalberati dicendo che non avevano mai incontrato persone omosessuali sui campi di calcio. Naturalmente, noi sappiamo che le cose stanno in maniera ben diversa. Che omosessuali, cioè, ci sono in una percentuale non trascurabile ma che non si azzardano a fare coming out. Non è il caso di fare pettegolezzi su questo o quell’altro, ma sarebbe interessante capire come si muovono le organizzazioni sportive ufficiali. Dopo questo libro hai avuto contatti con le società sportive?
I contatti li ho avuti prima di scrivere questo libro, sia con le società che con i calciatori, che ho intervistato per poter fare una storia verosimile. Ma il mio libro non vuol essere né scandaloso né scandalistico, né fare outing di nessuno. Ho voluto però che la storia, che raccontavo, descrivesse la vita vera di due ragazzi che si innamorano ma che vivono in un un ambiente assolutamente ostile. Parlando con loro ho capito che sono prontissimi all’eventuale coming out di un collega: le società sportive sarebbero disposte a non ostacolare un coming out nonostante le implicazioni economiche e i problemi che potrebbero nascere con la parte più estrema della curva. Ma ho capito che il vero problema (che io non conoscevo) è “lo sponsor” di ogni calciatore, che ha più potere dell’allenatore e della società stessa. Ma, come disse Marco Tardelli alla presentazione del mio libro a Roma, il primo tra questi calciatori, che avrà il coraggio, l’ardire, la forza di fare coming out, aprirà una porta che non potrà mai più essere chiusa.
Hai già presentato il libro in numerose città. Ci racconti la reazione del pubblico?
La reazione è, almeno fino ad oggi (ride, n.d.r.), più che buona. Io, che sono pessimista di natura, mi aspettavo poca gente e molte polemiche; in realtà ho trovato una grande attenzione, curiosità e anche immedesimazione nella difficoltà della storia che racconto. Tante domande, tanti punti di vista diversi che coinvolgono sia chi ascolta sia, soprattutto, il sottoscritto che torna da ogni presentazione sempre più arricchito. Ci sono due episodi esemplificativi di quello che sto spiegando. Uno alla presentazione di Gallipoli, in una piazza strapiena e, quindi, non in un luogo protetto in cui normalmente si presentano i libri: ho voluto raccontare la storia del libro attraverso la mia storia personale creando un’empatia e una commozione che mi ha lasciato senza parole. Le signore e i signori, che venivano a farsi firmare il libro alla fine, mi dicevano di essere commossi per la sincerità e la genuinità con cui mi ero raccontato. Ma raccontando me ho raccontato quello che normalmente un gay prova quando la sua storia d’amore diventa la cosa più pericolosa che può vivere. Pensate che l’amore, che dovrebbe essere la cosa più bella del mondo, spesso diventa la cosa più dolorosa del mondo.
Il secondo episodio è successo a Gemona del Friuli dove fui invitato a presentare il libro all’interno di LAB, una summer school di lingua e cultura italiana per giovani da tutto il mondo. Parlare a questi ragazzi di culture e Paesi così diversi di amore, sport e omosessualità mi aveva fatto erroneamente supporre che sarebbe stato complicato far passare il messaggio del libro. In realtà, alla fine della presentazione, le domande, gli abbracci e i gesti di affetto mi hanno fatto capire che veramente è “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, per dirla con Dante.
Negli ultimi anni si è diffuso un certo fanatismo del corpo, per cui bisogna essere magri, perfettini, preferibilmente giovanili, sempre in ordine, nonché esibire la propria attività sportiva. Ovviamente a tutto ciò si aggiunge il mercato dei prodotti estetici e, persino, di alcune sostanze più o meno legali per aumentare la massa muscolare. Non sarebbe meglio consigliare a tutti un po’ meno fanatismo e una migliore accettazione del proprio corpo così com’è?
Sfondi una porta aperta. Ci ho messo una vita ad accettarmi per come sono e quindi sono d’accordissimo. Ma mi rendo anche conto che negli ultimi vent’anni l’aspetto estetico è stato dettato da un fanatismo che definirei social. Siamo passati dall’accarezzarci una guancia ad accarezzare uno smartphone, dove si trova quello che vorremmo essere o quello da cui vorremmo essere circondati. Chiaramente non voglio condannare la bellezza, che qualcuno ha detto “ci salverà”, ma non può essere l’unico criterio di attrazione, anche perché ognuno ha i suoi criteri personali di attrazione. Anche per questo ci vuole coraggio, quello che nel libro chiamo il “coraggio di essere se stessi”. Il fanatismo che sia estetico, che sia religioso, che sia politico, fa solo danni.
Questa chiacchierata avviene in una bella domenica di sole alle Vignacce, la villa in provincia di Arezzo di Bruno Tommasini ed Edoardo Marziari, che sono, insieme con te, i soci di “Prodigio Divino” che tu citi durante le presentazioni. Ci vuoi spiegare di che si tratta?
Stiamo parlando di un marchio, che produce due vini, Uvagina e Vinocchio, i cui proventi, tolte le spese, vengono devoluti a progetti che combattono il bullismo omofobico. La forza di questo progetto sta nella qualità del prodotto che, assieme alla forza del messaggio, rende unica l’esperienza di chi lo assaggia. Noi tre soci siamo toscani e sappiamo che davanti a un bicchiere di vino si possono risanare ferite e ricomporre litigi, anche perché in fondo in vino veritas.
Quali sono i prossimi appuntamenti del libro?
Sto partendo per un tour della Sicilia che mi porterà alla fine di agosto, a Noto il 24 agosto (alle 19:00 presso il cortile del Convitto delle Arti), il 25 a Catania alla libreria Feltrinelli alle 19:00, il 26 alle 18:00 a Marzamemi alla libreria Sanfasò, il 27 alle 19:00 a Scicli al Cortile del museo del costume, il 28 a Lercara Friddi alle 17:30 all’Atrio di Palazzo Sartorio e, sempre il 28, a Palermo alle 21:00 presso Prospero Enoteca Letteraria. Comunque tutte le informazioni si possono trovare su www.fabiocanino.com o sulla pagina instagram @fabiocaninoreal.